Cane e Uomo, un’amicizia millenaria

Chi di voi non ha un amico a quattro zampe, o non ha mai sognato di averne uno?

Sono veramente poche le persone che non amano gli animali, ma tra queste pochissime quelle che non amano i cani, una specie, che dall’alba dei tempi accompagna la razza umana, inizialmente come strumento di lavoro, successivamente per il grande affetto che questi amici possono dare, nel 2001 ne sono stati censiti ben 400 milioni in tutto il mondo; al punto che, oggi sono anche usati anche nella Pet Therapy, per assistere persone malate.

L’addomesticazione del cane, ha origini antichissime; i resti fossili più datati risalgono a 12.000 anni fa e sono stati rinvenuti in una tomba Natufiana, sebbene le teorie degli antropologi, stimano che questo animale fosse stato presente negli insediamenti umani già in un periodo compreso tra 19.000 e 36.000 anni fa, basti pensare che recentemente in  Indonesia siano state scoperte delle pitture rupestri con scene di caccia di ben 44.000 anni fa! Ed anche se non vi sono presenti dei cani, questo lascerebbe supporre che comunque in un periodo non troppo distante, l’uomo cacciatore sia riuscito a sfruttare a suo vantaggio la domesticazione dei canidi catturati vivi.

A tal proposito, lo studio di un cranio di canide simile al cane, rinvenuto in Siberia, (ma non collegato direttamente al cane moderno), ha fatto ipotizzare che le diverse razze canine di oggi non si siano evolute da un unico progenitore, ma da più ceppi, discendendo da diverse selezioni di addomesticamento di lupi in differenti parti del mondo.

 

La morfologia del cane, si è quindi evoluta con diverse razze all’interno della specie, un po’ come è stato per l’uomo, a seconda della zona dove ha vissuto, a causa di condizioni climatiche, disponibilità di nutrimento e modalità di selezione operata dall’uomo, con una tale varietà che arriva dai 500 grammi del Chihuahua ai 140 kg del San Bernardo; inoltre la mano dell’uomo ha influito anche sull’estro dell’animale che ha un ciclo di due volte l’anno a differenza del lupo, che ne ha uno solo, e questa caratteristica si ritrova oggi nelle razze ancora “primitive”, come il Cane Lupo Cecoslovacco, nato a cavallo degli anni ’50, ibridando un lupo dei Carpazi con un Pastore Tedesco .

La gestazione è di circa 60 giorni, con una media variabile da 1 a 10 cuccioli a seconda della taglia, dell’età e delle condizioni di salute del cane, che ha comunque un’aspettativa di vita sempre più alta del lupo selvatico, grazie alla selezione umana; altri cambiamenti sono stati riscontrati non solo nella morfologia estetica (pelo, colore, grandezza), ma anche nella socializzazione e nell’educazione del cane, che rimane, dopo l’infanzia, solitamente giocoso e affettuoso (specialmente con il padrone), a differenza del lupo che perde questa caratteristica in età adulta.

Il progenitore più accreditato per i cani domestici, è secondo i ritrovamenti paleontologici, il lupo grigio, secondo una ipotesi dei coniugi Ray e Lorna Coppinger, biologi, l’addomesticamento, sarebbe avvenuto con soggetti meno abili nella caccia e soprattutto meno timorosi dell’uomo, che avrebbero incominciato ad aggregarsi per spirito di branco, autonomamente ai gruppi dei cacciatori umani, seguendoli a distanza e nutrendosi dei loro avanzi abbandonati negli accampamenti, sebbene sia invece più plausibile, che l’uomo sia riuscito a catturare dei soggetti cuccioli dopo aver ucciso gli adulti, oppure averli ritrovati abbandonati per “selezione naturale” da parte della madre.

Il ruolo del cane, ebbe un immediata utilità, come quella di sentinella, che vegliava sul campo, tenendo lontani altri animali o avvisando di qualsiasi pericolo, nutrendosi eventualmente anche di carcasse o di piccoli roditori e contribuendo alla pulizia dei villaggi; questo suo avvicinamento all’uomo, la facilità di procacciarsi il cibo, indussero la razza all’accorciamento dei denti, alla scomparsa del pelo mimetico, con la comparsa delle prime chiazze e l’arricciamento della coda in alcuni soggetti.

Secondo gli studiosi i primi addomesticamenti sarebbero avvenuti in Asia, anche se secondo un analisi del DNA mitocondriale, vi sarebbero affinità anche con i canidi europei; le tracce più antiche di amicizia tra uomo e cane si riscontrano in molteplici occasioni, come ad esempio nella caverna di Govet in Belgio, dove resti archeologici di un cane rinvenuti, risalirebbero a circa 31.000 anni fa, oppure le orme di un cane ed un bambino risalenti a 28.000 anni fa, rinvenute nella caverna di Chauvet in Francia.

Quanto fosse divenuto fedele ed importante la figura del cane per l’uomo, invece ce lo testimoniano le prime sepolture rituali tra i 25/28.000 anni fa, con il ritrovamento di tre cani di cui uno con un osso di mammut tra le fauci; oppure la più recente sepoltura di 12.000 anni fa, nel sito di Fin Mallaha in Israele, dove un uomo anziano è stato inumato assieme a un cucciolo di cane, posto in posizione fetale, con il braccio proteso verso l’animale.

 

Il cane da lavoro e cani famosi

 

Come è risaputo, il ruolo del cane non è sempre stato quello di svolgere funzioni di guardiano (a tal proposito questo impiego è stato anche esaltato nella figura di Cerbero, il custode degli Inferi), ma il suo uso in antichità e fino ai giorni nostri, è stato anche l’impiego nella caccia, grazie all’olfatto sviluppato ed il coraggio di questo animale, l’affiancamento in guerra ed oggi anche nelle operazioni di polizia, il traino di slitte o comunque mansioni che richiedono uno sforzo che va oltre la resistenza umana, come è il caso dei cani da salvataggio, impiegati sulle spiagge oppure nella ricerca dei dispersi nella neve o tra le macerie.

I cani sono stati purtroppo utilizzati anche in esperimenti scientifici, ricerche mediche e persino spediti nello spazio, come nel caso di “Laika”, la cagnetta russa, imbarcata sulla navetta Sputnik 2, deceduta nello spazio nel 1957, dopo 67 minuti di agonia, sebbene i sovietici ufficialmente riferirono di 4 giorni di vita nello spazio; Laika non era il suo vero nome, ma era la razza canina, simile al Siberian Husky, prescelta per la sua resistenza alle temperature fredde estreme, il vero nome era Kudrjavka, l’errore nacque per una incomprensione tra il giornalista occidentale che intervistò uno dei responsabili della missione.

Secondo quello che è noto, Laika era un incrocio tra un Terrier e un Husky, una randagia di circa 3 anni trovata per le strade di Mosca, anche se non è mai stata rilasciata una versione ufficiale; il modulo che la accoglieva disponeva di cibo e acqua, ma non era previsto il rientro della capsula e per tanto la sua sorte era già segnata, il lancio avvenne il 3 novembre del 1957 alle ore 2.30 dal Cosmodromo di Bajkonur e la navicella rientrò solamente il 14 aprile del 1958, dopo 5 mesi e aver compiuto 2.570 giri intorno alla terra.

Un esperimento simile venne compiuto con altri due cani nel 1960, stavolta tuttavia gli occupanti rientrarono incolumi dalla missione, a bordo dello Sputnik 5, erano le cagnette Belka e Strelka; la morte di Laika, aveva però sensibilizzato l’opinione pubblica, che non si sa se per timore della conquista dello spazio da parte dei sovietici, o per un reale sentimento di compassione verso l’animale, vi furono molte proteste alle ambasciate sovietiche nel mondo.

Tuttavia a Laika vennero successivamente dedicati molti riconoscimenti, come ad esempio la canzone del gruppo spagnolo Mecano, quella del gruppo finlandese “Laika&The Cosmonauts” e il britannico “Laika”, che presero il nome in suo onore, così come la ditta di costruzione caravan “Laika”; e poi targhe, intitolazioni, francobolli, barrette di cioccolato, sigarette fino al 2019, con l’ultimo omaggio arrivato con il video musicale del gruppo “The chemical brothers”, “We’ve got to try”, che si sipira alla triste vicenda della cagnetta dello spazio.

 

Sicuramente quando si parla di fedeltà, non si può che pensare ad “Hachiko”, il cane giapponese di razza Akita, divenuto celebre anche grazie al film con la partecipazione del noto attore Richard Gere, ma che in realtà era già famoso in tutta l’Asia, per aver atteso per anni il ritrono del padrone morto alla stazione di Shibuya a Tokyo.

Hachiko, era un esemplare di Akita Inu bianco, adottato all’età di 2 mesi dal Hidesaburo Ueno, professore al Dipartimento Agricolo dell’Università Imperiale di Tokio, presumibilmente il 10 gennaio del 1924; l’uomo che era un pendolare, per esigenze di lavoro, da Shibuya ogni mattina si recava a lavoro con il treno ed il suo cane imparò a seguirlo, accompagnarlo fino alla stazione e poi rientrare a casa, per nuovamente aspettarne il ritorno al termine della giornata lavorativa.

Purtroppo Ueno morì improvvisamente il 1925 mentre stava insegnando all’Università, stroncato da un ictus fulminante; Hachiko, fedele come ogni pomeriggio alle 17 si presentò alla stazione, ma il padrone non arrivava e dopo una lunga attesa fece ritorno a casa, e così accadde nei giorni successivi.

Con il passare del tempo, i pendolari e gli addetti della stazione si accorsero di lui e cominciarono a prendersene cura, offrendogli del cibo, la voce su questo meraviglioso cane si sparse come un tam tam in tutto il Giappone e molte persone si recarono a Shibuya appositamente per offrire cibo e coccole al cane, che si presentò fedelmente ad attenere il suo padrone fino al giorno della sua morte avvenuta nel 1935.

Nel 1934 gli venne dedicata una statua in bronzo (successivamente fusa per esigenze belliche) che era posta alla stazione di Shibuya e un ‘ altra a Odate suo luogo di nascita, Hachiko era ancora vivo allora, questo a dimostrazione dell’affetto che il popolo nipponico già aveva per lui.

L’8 marzo del 1935 il poveretto morì a 11 anni di filariasi, dopo aver atteso per oltre 10 anni il suo amato padrone, venne trovato lungo una strada di Shibuya e la notizia fece il giro di tutti i giornali giapponesi, fu persino istituito un giorno di lutto nazionale in suo onore; la statua che era stata fusa durante la Seconda Guerra Mondiale, venne poi ricollocata nel 1948, il corpo di Hachiko imbalsamato è esposto al Museo Nazionale di Natura e Scienza, mentre le sue ossa sono state sepolte con onore nel cimitero di Aoyama, accanto alla tomba del professore Ueno.

Una delle cinque uscite della stazione di Shibuya è stata dedicata a questo piccolo grande amico ed ogni anno, l’8 di marzo, si tiene ancora oggi una solenne cerimonia a cui partecipano molti amanti dei cani, che con i propri amici a 4 zampe portano omaggio alla statua di Hachiko.

Un cane meno famoso, a cui è stata dedicata una statua, sul nostro territorio nazionale, si trova a Torre del Lago, vicino a Viareggio in Toscana, il suo nome è Pippo, accompagnato da un epigrafe che recita :

“Pippo, cane senza padrone dal mantello marrone e dagli occhi dorati colmi di colori antichi e di una pace ritrovata, visse circa 20 anni sul belvedere Puccini.

Comparso nel 1977 con una profonda ferita d’arma da fuoco sulla schiena, seppe perdonare conservare al fiducia negli uomini.

Adottato dagli abitanti del lago, non compì gesta straordinarie, ma insegnò a tutti il vero significato di bontà, perdono, amicizia e libertà.

Prigioniero come ogni essere mortale nella rete della vita e del tempo, testimoniò la magia di un’esistenza pienamente vissuta con dignità e coerenza alla propria natura.

Una storia d’amore e gratitudine reciproca tra l’uomo e l’amico cane.”

Un cane che seppe quindi conquistare il cuore della gente, che fu adottato dagli abitanti di Torre del Lago, che lo amarono al punto di erigere un monumento dopo la sua morte.

Una storia simile nella vicina città di Massa, dove una cagnolina di razza Boxer, donata dal figlio di una degente ad una RSA , seppe conquistare l’affetto e l’amore degli anziani ospiti quanto dei dipendenti, che alla sua morte, la seppellirono nel parco della struttura, dedicandole una targa con parole affettuose e di rimpianto.

A Palermo è diventato famoso Uccio, il cane che vegliava le statue dedicate Falcone e Borsellino, situate all’ingresso del piano terra del Palazzo di Giustizia; era soprannominato “il guardiano”, nessuno sa come vi sia arrivato e perché abbia preso a protezione le figure dei magistrati, vissuti molto tempo prima di lui, ma che per ben 18 anni ha vegliato, senza mai abbaiare, muovendosi sempre discreto come a rispettare la sacralità del luogo, tollerato dal Presidente del Tribunale che “chiudeva un occhio” sulla sua presenza, e adottato dai Carabinieri in servizio, ai quali segnalava le persone sospette ringhiando quando avvertiva un pericolo.

Il povero Uccio è deceduto nel 2018 per vecchiaia, sopravvissuto anche a un incidente stradale, investito erroneamente da un auto dei Carabinieri, che assieme ai dipendenti del tribunale fecero una colletta per salvarlo e rimetterlo sulle sue zampe, che lo ricondussero dopo qualche settimana inesorabilmente al Tribunale, che ormai era la sua casa.

 

Anche se purtroppo in alcuni paesi il cane non sia tenuto in considerazione come da noi, in alcune culture esso sia addirittura considerato un piatto tradizionale, come ad esempio nella cucina cinese, anche in Italia, nonostante la grande sensibilizzazione , molti cani vengono tutt’ora maltrattati, usati per combattimenti clandestini, tenuti in condizioni pietose, prigionieri di catene, malnutriti oppure abbandonati.

L’Auspicio, è che non solo le leggi sempre più a favore degli animali entrino in vigore, ma che sia la gente stessa ad auto sensibilizzarsi, a comprendere anche quanto possa essere impegnativo avere un cane, gestirlo, al pari di come si farebbe con un figlio.