Stare lontani da chi si ama è dolore, stare vicino a chi non si ama è dolore (Budda). Con queste parole vogliamo introdurre il discorso sull’amore, sentimento che da un anno trova difficoltà ad esprimersi pienamente.
Il sociologo Francesco Alberoni e la psicoterapeuta Cristina Cattaneo Beretta – nel loro ultimo libro ‘L’amore e il tempo’ (editore La nave di Teseo) – parlano di come l’amore sia influenzato dal passare del tempo, analizzando i sentimenti e le relazioni umane, anche con riferimento alla pandemia. “Poiché si è bloccata ogni attività, la mia impressione è che si sia costituito un tempo chiuso, una bolla di cui poco ricordiamo e non ha l’intensità del tempo normale…per capire una coppia e le sue dinamiche bisogna tener presente che c’è sempre un tentativo di controllare il tempo – dice Alberoni – e chi lo controlla è la persona che prende le decisioni, stabilisce gli orari e influenza, in certi casi domina il tempo”.
Come è cambiato l’amore ?
“L’amore nella sua struttura universale non è cambiato – ci dice Cristina Cattaneo – noi ci innamoriamo sempre quando abbiamo bisogno di rinascere e, in tutte le epoche, l’amore si presenta allo stesso modo. Per Alberoni nell’amore bilaterale il tempo non esiste perché viviamo il tempo con l’altro, nell’amore unilaterale il tempo è gestito dall’altra persona. Dobbiamo riprenderci il tempo stabilendo noi stessi i tempi della relazione. Un uomo e una donna non si comportano allo stesso modo ma l’illusione è quella di essere uguali: in amore non bisogna chiedere mai nulla e non avere pretese verso l’altro, perché si può anche correre il rischio di attivare pericolose dipendenze affettive che danneggiano una relazione seria. Ciò che è cambiato nell’amore sono le forme sociali che lo sostengono, quindi oggi non si creano più delle lunghe convivenze, non c’è una società che sostiene il formarsi di unioni durature. Nelle giovani generazioni c’è più promiscuita e forse più difficoltà a costruire dei rapporti forti”.
Sulla difficoltà delle relazioni interviene Eva Illouz, docente di sociologia a Parigi e Tel Aviv, che in “La fine dell’amore – Sociologia delle relazioni negative” (Codice edizioni) affronta la fine del sentimento amoroso in una società capitalista confusa dall’uso smodato dei social network.
L’autrice ci parla della “fine di un’epoca in cui l’amore era visto come una forza trascendentale che ha guidato le nostre vite e che ha attinto molti dei suoi significati dall’amore di Dio. In realtà gran parte della tradizione romantica era influenzata dalle metafore religiose. Ti piace, ami una persona come se la venerassi, e tu la adori come adoreresti Dio. L’amore deve essere totale, assoluto, unico. Questa forma d’amore che ha accompagnato l’Europa occidentale per qualche centinaio di anni è ormai scomparsa, sono finite queste metafore dell’amore e questa affinità storica tra religione e amore. Esistono nuove forme d’amore ma i motivi per cui finisce ciò che chiamiamo amore sono profondamente connessi: il capitalismo e soprattutto la cultura del consumo hanno trasformato significativamente il modo in cui ci incontriamo e il modo in cui ci scegliamo, lo stesso concetto di scelta e il tipo di valutazione interiore quando si sceglie un partner, l’estrema importanza della sessualità. Tutto ciò è collegato a regimi economici che ci trasformano in consumatori e amanti. Costruire una nuova affettività è difficile perché interagisce con le strutture di mercato e con una cultura che porta avanti ancora una struttura patriarcale, senza trascurare il ruolo dell’immagine presente sui mass media. La tecnologia di internet è passata a essere un partecipante attivo nelle relazioni, e così facendo le trasforma. La realtà della nostra relazione si trova spesso nella sua sessualità, così l’estetizzazione del corpo femminile, la sessualizzazione delle emozioni e delle relazioni emotive ha avuto un impatto enorme sul modo in cui viviamo queste relazioni. E anche sui motivi per cui vi poniamo fine”.