Ambiente: ” Uomini e animali, storie di coabitazione forzata all’ombra del Cupolone “

Negli ultimi mesi diversi quadranti della città sono saliti agli onori della cronaca per fatti legati alla presenza di specie animali invasive e/o dannose nel tessuto urbano, che hanno dipinto un quadro a tinte forti della convivenza spesso problematica tra uomini e specie animali sinantrope in quella che dovrebbe essere una prestigiosa capitale europea.

Ma cosa si intende per specie animali “sinantrope”, una definizione che deve essere piaciuta ai nostri amministratori, dal momento che il monitoraggio e la tutela dei diritti degli animali e della biodiversità è attualmente assegnato all’omonimo “Ufficio Gestione Specie Sinantrope e Problematiche” di Roma Capitale. Si tratta, contrariamente a quanto lascerebbe intendere la complessità del nome, si tratta semplicemente di animali appartenenti a specie che traggono beneficio dall’insediarsi in prossimità degli umani, in ragione della costante presenza di cibo di facile reperibilità, unita all’assenza di predatori naturali, circostanze che lasciano preferire agli invasori l’occupazione delle nostre città piuttosto che il ritorno agli originali habitat.

Per prime vennero zanzare, nel lontano 1997. Poi piccioni, scoiattoli, ma presto seguirono gabbiani, corvi, pappagallini e cinghiali, portando con loro pidocchi, blatte e roditori; seppure – bisogna dirlo – agevolati da quel grumo di interessi, maleodorante come i peggiori rifiuti, originato dall’incapacità cronica delle amministrazioni comunali di organizzare una degna raccolta dei rifiuti, dalla diffusa indolenza degli addetti alla raccolta stessa, per finire con lo scarso senso civico che caratterizza un paese in cui ciò che è degli altri, non è di nessuno.

L’incuria nella gestione della cosa pubblica, quindi, ha reso la coabitazione tra uomini e animali prima complessa (basti ricordare quando, nel 2018, la colomba lanciata dal Papa in Piazza San Pietro volò solo per pochi attimi, prima di essere ghermita da un gabbiano e da un corvo), infine problematica, come nel caso della recente diffusione della peste suina, ora presente nella provincia di Roma con 19 casi e in quella di Rieti, con il primo contagio.

Proprio la peste suina costituisce, oggi, la punta dell’iceberg della difficile convivenza nelle zone urbane, con picchi sul territorio nazionale ben più preoccupanti del nostro, a partire dai 137 casi già censiti tra Liguria e Piemonte. Con l’ordinanza della Commissione Europea che ha imposto all’Italia di istituire una zona rossa per il contenimento della peste suina africana si è però superato un limite invalicabile, dato dalla doverosa tutela del tessuto produttivo agroalimentare che – fermi i noti rincari, legati prima alla ripresa economica post pandemia, poi al recente conflitto in Ucraina – non può permettersi un blocco prolungato delle esportazioni, né un abbattimento generalizzato di suini potenzialmente infetti, che potrebbe interessare l’intero paese.

Gli animalisti insorgono, promettendo battaglia contro una soluzione barbara di un problema colpevolmente ignorato dalla politica per diversi anni, mentre i cacciatori lucidano le doppiette, lieti – per una volta – di essere acclamati come salvatori anziché come uccisori di indifese creature. Con buona pace di una pubblica opinione poco informata e assai spaventata dalle recenti ondate pandemiche, ci si prepara ad una campagna di abbattimenti appaltata a soggetti privati che, ad oggi, sembra l’unica soluzione percorribile.

Certamente non è questa la sede per addentrarsi in questioni etiche legate alla opportunità di tali uccisioni, che dovrebbero comunque costituire l’extrema ratio e non una facile scappatoia dalle responsabilità di una amministrazione incapace di pianificare e lenta ad agire. Speriamo, piuttosto, che della bramosa ricerca di salsicce a buon mercato non facciano le spese un anziano in cerca di funghi o un giovane intento in una escursione fuori porta… non ci resta che confidare nelle notizie provenienti dal lontano Vietnam, ove dal febbraio 2019 si combatte contro il morbo e dove, dal successivo mese di novembre, si lavora per preparare un vaccino efficace, dopo l’abbattimento forzato del 20% dei suini dell’intero paese. Lo scorso 1° giugno, infatti, dalla capitale vietnamita è arrivata la notizia dell’avvio della somministrazione agli animali del primo vaccino sperimentale, di cui si attendono a breve i risultati.

Nell’attesa, per evitare che la peste suina superi i confini della zona rossa, non resta che confidare nella bontà delle strategie di contenimento studiate dai nostri amministratori.

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di F. Iacobellis