In questi giorni, si sta parlando molto del caso della “Catalent” , un’importante azienda farmaceutica multinazionale che stava costruendo un ambizioso progetto di investimento da 100 milioni di euro ad Anagni, con un centro di sviluppo sulla produzione innovativa di materie prime biologiche che avrebbe garantito lavoro a 100 giovani ricercatori. Oggi invece quest’importante investimento è diventata una bolla si sapone, a causa della burocrazia lenta e distruttiva. Infatti l’azienda da ormai due anni aveva avviato l’iter di caratterizzazione ambientale nel perimetro del SIN del Bacino del Fiume Sacco, che ad oggi non vede luce, compromettendo dunque un investimento importante sul territorio, sulla crescita produttiva, e soprattutto su un occupazione di qualità. Il senatore della Lega Gianfranco Rufa (nella foto), punta i riflettori sulla questione ed ha chiesto chiarimenti ed interventi per scongiurare che accada il peggio rivolgendo un’interrogazione a risposta scritta al Ministro della Transizione Ecologica on. Roberto Cingolani. “La Catalent è una multinazionale del settore farmaceutico con sede ad Anagni, – scrive il Senatore Rufa- provincia di Frosinone; circa un anno fa l’azienda ha presentato un piano di espansione dello stabilimento di Anagni da 100 milioni di dollari per aumentare la capacità di produzione di sostanze farmacologiche biologiche, tra i quali i vaccini, inclusi quelli anti Covid. Il piano avrebbe consentito il rafforzamento del polo farmaceutico dell’intera Regione, uno dei più importanti del Paese, e soprattutto di creare almeno 100 nuovi posti di lavoro, aspetto di fondamentale importanza per il territorio in un periodo di crisi economica come quella attualmente in corso a seguito della pandemia ed esacerbata della crisi geopolitica mondiale in corso. Lo stabilimento Catalent di Anagni rientra nel Sito di Interesse Nazionale, S.I.N, della Valle del Sacco, un’area dichiarata inquinata e la cui bonifica è a carico dello Stato. La bonifica del Sito ha subìto da anni numerosi stalli e rinvii e nel 2019 è stato sottoscritto l’accordo tra l’allora Ministero dell’Ambiente e Regione Lazio, che prevedeva lo stanziamento di 54 milioni di euro, ma ad oggi non risultano progressi nei lavori di caratterizzazione delle aree interessate e quindi della bonifica. Questa situazione incide notevolmente su qualsiasi intervento si intenda fare nel territorio, ivi incluso l’ampliamento dello stabilimento oggetto della presente interrogazione, che ha subìto intoppi burocratici, procedure e tempi eccessivamente lunghi per il rilascio delle autorizzazioni, inducendo il Cda della Catalent a dirottare in Inghilterra il piano di produzione previsto per Anagni, con il conseguente danno economico per tutto il territorio. Ora considerato che il SIN della Vale del Sacco ha subìto da parte di ARPA Lazio ripetuti ampliamenti, andando ad interessare anche aree non contaminate su cui da recenti indagini ambientali non risulterebbe neppure la presenza di inquinanti nel terreno e nelle falde, rendendo ancora più insostenibili da un punto di vista economico le operazioni di bonifica. Di recente vi è la nomina di un Commissario Straordinario della Regione Lazio che potrebbe e dovrebbe avere un ruolo importante per l’attuazione dall’accordo di programma per la bonifica della Valle del Sacco. Il caso della Catalent non è isolato, diverse sono infatti le aziende che negli anni hanno spostato le proprie sedi o hanno rinunciato ad investire su un territorio su cui pesa in maniera determinante la burocrazia e l’inerzia dello Stato, creando un rallentamento, e a volte un vero e proprio stallo, al progresso e allo sviluppo dell’intera area. Davanti a questa situazione, -conclude il senatore Rufa- si chiede al Ministro interrogato di intervenire affinché siano chiarite tutte le responsabilità della gravissima situazione descritta in premessa da parte dei soggetti coinvolti, MiTE, Arpa Lazio e Regione. Indicando quali misure urgenti intenda mettere in atto per sbloccare una situazione di inerzia che si protrae da troppi anni e che sta creando un duplice danno, da una parte la mancata bonifica che non consente la tutela della salute dei cittadini e dell’ambiente, e dall’altro lo stallo allo sviluppo del territorio, anche in aree che non presentano situazioni ambientali compromesse ma che rientrano forse indebitamente nell’attuale perimetrazione del SIN”.