Anche con 115 senatori in meno non c’è riduzione dei costi, ecco perché

La politica, anzi, i politici, pare proprio che non si riescano a toccare sotto l’aspetto economico, i privilegi e i compensi d’oro restano un peso per gli italiani. Tutto questo in barba al taglio dei senatori che sono passati da 315 a 200.

La riforma

Grazie alla riforma che ha ridotto il numero di parlamentari, il Senato è passato da 315 a 200 senatori, con un taglio del 36%. La misura è stata un intervento per ridurre i costi della politica e ha fatto pensare ad una significativa diminuzione delle spese legate al funzionamento del Parlamento. Invece, i dati fanno emergere una realtà diversa: nel 2021, (ultimo anno con 315 senatori) il Tesoro destinava al Senato 505,3 milioni di euro. Nel 2024, malgrado la riduzione del numero di eletti, la cifra resta invariata, come risulta dal bilancio di previsione approvato dall’assemblea dei senatori.

Nessun risparmio reale, anzi…

La riforma, promossa dal Movimento 5 Stelle con l’obiettivo dichiarato di abbattere i costi della politica, non ha portato a risparmi per i cittadini. Anche alla Camera dei Deputati, dove si è registrata una riduzione analoga del numero di parlamentari (da 630 a 400), le dotazioni sono rimaste invariate. Nonostante ciò, alcuni senatori lamentano addirittura un presunto sacrificio economico a causa dell’inflazione. In un intervento in aula, il senatore questore Gaetano Nastri (FdI) ha sostenuto che, tenendo conto dell’inflazione, il valore reale della dotazione sarebbe sceso di oltre 136 milioni di euro. La sua stima quindi è che il Senato avrebbe bisogno di 641,4 milioni di euro per recuperare il potere d’acquisto perso. Il suo discorso è stato accolto con applausi bipartisan.

La contraddizione dei “risparmi mancati”

In aula, anche figure di spicco del Movimento 5 Stelle, come Stefano Patuanelli, hanno elogiato l’amministrazione del Senato, definendo “notevole” il mantenimento dell’efficienza nonostante i pensionamenti e la riduzione del personale. Le battaglie passate del M5S contro i costi della politica sembrano ormai un lontano ricordo. Lo stesso entusiasmo è stato espresso da Susanna Camusso (Pd), che ha difeso la spesa pubblica per il funzionamento del Senato, sottolineando che la democrazia ha costi inevitabili e che ciò che conta è una gestione responsabile delle risorse.

I costi continuano a salire

Un’analisi dettagliata del bilancio mostra come alcune voci di spesa siano persino aumentate. Ad esempio:

  • Fondi per i gruppi parlamentari: invariati a 21,12 milioni di euro, nonostante il numero di senatori sia sceso da 315 a 200.

  • Cerimoniale e rappresentanza: da 1,45 milioni nel 2021 a 1,93 milioni nel 2024.

  • Servizi informatici: da 10,89 a 11,53 milioni.

  • Assicurazioni: da 3,6 a 4,11 milioni, nonostante il calo di senatori e personale.

  • Ristorazione: aumentata da 1,9 a 2 milioni di euro.

  • Canoni di locazione e utenze: cresciuti da 4,78 a 5,32 milioni di euro.

  • Mobilità (treni e aerei): da 6,26 a 6,84 milioni.

  • Cancelleria: passata da 150.000 a 180.000 euro.

In sintesi, la riduzione del numero di parlamentari non solo non sta portando risparmi, come avrebbe dovuto, ma alcune spese sono addirittura aumentate. Adesso bisognerà spiegare queste ragioni ai lavoratori, ai pensionati, a chi è pressato dagli aumenti dei mutui, dai rincari di bollette e del carrello della spesa. Buona fortuna.

Foto del Senato tratta dal web