Tra i punti più criticati del Bonus 1000 euro per le partite IVA di maggio, il requisito del calo di fatturato introdotto dal Dl Rilancio ha fatto discutere a lungo, anche durante gli Stati Generali dell’Economia, con i rappresentanti del settore che avevano ritenuto non indicativo quel criterio: i professionisti, infatti, incassano generalmente mesi dopo aver emesso fattura.
Come ci si ricorderà, il dl Rilancio ha introdotto il requisito del calo di fatturato del 33% tra il secondo bimestre 2019 e il secondo bimestre 2020 per accedere al bonus 1000 euro. Un meccanismo che, per le ragioni di cui sopra, ha fatto infuriare i titolari di partita IVA, beffati tra l’altro dagli scarsi incassi di marzo e aprile 2019 che hanno impedito di accedere al bonus.
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Sono tanti i professionisti che, a causa di queste discrasie nell’incasso delle commesse, non hanno potuto ricevere il bonus 1000 euro. Tra l’altro, oltre al requisito del calo del fatturato, anche la burocrazia ha finito per rendere la situazione ancora più complicata. Il cavillo del requisito dell’iscrizione alla Gestione Separata, poi corretto con la possibilità dell’iscrizione retroattiva, è stato uno di questi. Il bonus 1000 euro ha poi allargato anche ai professionisti iscritti agli enti di previdenza obbligatoria di diritto privato.
La relazione tecnica del Dl Agosto ha individuato una platea finale di 530mila professionisti, per cui sono stati stanziati 530 milioni di euro per il 2020. Le risorse sono recuperate in parte da quelle che era rimasto in eccesso nel dl Rilancio. Un altro problema che si è dovuto sistemare è stato quello degli intermittenti e autonomi non titolari di partita IVA. Il dl Rilancio prevedeva infatti che il bonus riguardasse esclusivamente i professionisti che, alla data di entrata in vigore (19 maggio), erano rimasti senza contratto. Per chi aveva contratto in scadenza anche soltanto qualche giorno dopo, ma che di fatto non hanno lavorato nei mesi di lockdown, è arrivata un’iniziale esclusione.
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