Cinema – Falling Down, “Un giorno di ordinaria follia”

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“Un giorno di ordinaria follia”

La parabola discendente di William “Bill” Foster, simbolo di una società in perenne mutamento, dominata dall’arrivismo e strangolata dalle disuguaglianze sociali

Era il 1993 quando Joel Schumacher stupiva il mondo intero con il film “Falling Down”; giunto in Italia con il titolo “Un giorno di ordinaria follia”.

Molto più che un semplice lungometraggio di genere, crime-action, la pellicola diretta dal regista statunitense, si rivelò sin da subito come una delle migliori dissertazioni sociali, in chiave cinematografica, di tutti i tempi.

La parabola discendente di William “Bill” Foster, magistralmente interpretato da Michael Douglas, è presto diventata il simbolo dell’intera “Generazione X”, mettendone in luce: limiti, disagi e nevrotiche ossessioni. In una società in perenne, quanto repentino, mutamento, dominata dall’arrivismo e strangolata dalle disuguaglianze sociali.

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Il protagonista della pellicola perseguirà una violenta lotta contro il sistema, reo di averlo abbandonato al suo destino, instaurando, al contempo, un’affascinante scontro a distanza con il sergente Martin Prendergast (Robert Duvall), poliziotto prossimo alla pensione che lo bracca instancabilmente sino all’epilogo del film.

L’inizio

Tutto inizia una mattina, nell’afoso traffico di una torrida Los Angeles. Bill Foster è un uomo a pezzi; la moglie Elizabeth lo ha lasciato perché convinta che sarebbe divenuto un uomo violento nei suoi confronti, nonché in quelli della figlia, la piccola Adele, e l’azienda del governo per cui lavorava, occupandosi della costruzione di missili per il Ministero della Difesa, lo ha licenziato, rimpiazzandolo con una serie di macchinari automatizzati.

Come se non bastasse, l’uomo è stato costretto a tornare a vivere a casa dall’anziana madre, la quale è tuttavia ignara della reale situazione di sofferenza vissuta dal figlio.

“Uomo bianco arrabbiato”

Così, afflitto dal caldo, dal caos metropolitano e dalla frustrazione, Foster decide di abbandonare la propria macchina in mezzo al traffico, scatenando le ire degli altri automobilisti ed intraprendendo una lunga camminata attraverso i vari quartieri della città.

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Nel corso del suo tragitto, che avrà come meta finale la casa in cui vivono la figlia e l’ex moglie, sconvolgerà i precari equilibri della metropoli californiana, mietendo più di una vittima e non arretrando neppure di un centimetro rispetto ai propri propositi.

Bill finirà per incarnare alla perfezione il concetto, prettamente americano, di “uomo bianco arrabbiato”; un esponente della piccola borghesia d’oltreoceano stanco, vessato e adirato nei confronti di una comunità frenetica che continua, in modo imperterrito, a respingerlo.

“antieroe urbano”

Personaggio dotato di ambigua moralità, l’antieroe urbano, interpretato da Michael Douglas, non farà sconti a nessuna classe sociale, scagliando la sua furia contro criminali ispanici, immigrati, senzatetto, neonazisti, funzionari corrotti, impiegati dotati di scarsa disponibilità e ricconi scortesi. Un viaggio all’insegna della follia per riaffermare la propria esistenza all’interno di un sistema che da troppo tempo ha bollato Foster come “obsoleto”.

Una sensazione che molti americani, ma non solo, sperimentarono sulla propria pelle per un intero decennio, quando la tecnologia e lo spietato spirito di ambizione sopraffecero la parte più nobile della natura umana.

Andrea Lepone


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