Possiamo dire che una delle più belle storie della mitologia greca è quella del di Prometeo. Il titano che ruba agli dei il segreto del fuoco per donarlo agli uomini, compiendo un atto di ribellione di portata cosmica che dal furibondo Zeus verrà punito con un terribile supplizio.
Il controllo sul potere del fuoco, eleva l’uomo a creatura superiore, e traccia il primo confine tra le specie umana e le bestie, passando così da un’alimentazione istintiva a un’alimentazione meditata , la cottura.
Questa è la tesi fondamentale che troviamo nel saggio “Il Cotto e il crudo” del 1964 scritto dal celebre antropologo francese Claude Lévi Strauss (1908-2009). L’autore si confronta con le società primitive, vivendo a lungo presso le ultime tribù indigene dell’Amazzonia, ne osserva i costumi e prende nota esigenze che hanno.
Fin dalle origini cucinare è un atto culturale, questo spiega come mai, pur non essendo un libro di cucina, il saggio di cui sopra sia citato frequentemente negli ambiti gastronomici, soprattutto quando si parla delle quattro tecniche fondamentali di cottura: arrostire, grigliare, bollire e cuocere a vapore. Mediante il calore è possibile compiere la trasformazione “culturale” del crudo, unica vera alternativa alla putrefazione, risultato di una trasformazione spontanea “naturale”.
Lo stesso Lévi Strauss osserva: Il recente moltiplicarsi dei ristoranti italiani ci ha dato il gusto di verdure più “crude” di quelle della cucina francese tradizionale, verdure semplicemente lavate e tagliate. Perciò, sotto l’influsso italiano, abbiamodovuto ampliare la nostra categoria del crudo. Alcuni episodi verificatisi in seguito allo sbarco alleato del 1944 dimostrano che i militari americani concepivano la categoria del putrido in maniera ancor più ristretta della nostra, e difatti un certo odore di cadavere, caratteristico secondo loro dei caseifici normanni, li ha talvolta spinti a distruggerli.
Pubblicato su “I FATTI area Metropolitana” Edizione di Dicembre 2018