Ecco perché il governo fa retromarcia sull’aumento di stipendio ai ministri

dietrofront del governo sull'aumento di stipendio ai ministri

Il governo, alla fine, decide di ritirare l’emendamento alla manovra che puntava a equiparare gli stipendi di ministri e sottosegretari a quelli di chi è eletto in parlamento.

Il momento meno adatto

La proposta aveva evocato una levata di scudi contro l’esecutivo, non solo dalle forze politiche d’opposizione ma anche da diversi ambienti della società e tra i lavoratori. In tutto questo c’è poi da considerare l’effetto prodotto sui gruppi studenteschi che si sono schierati contro il governo. Insomma un aumento proposto in un momento sbagliato, con la manovra che di per sé non fa brillare la maggioranza. Oltretutto, ad infiammare gli animi, c’è il rifiuto a qualsiasi dialogo sulla questione del salario minimo.

Incompresi

Ad annunciare il dietrofront sugli aumenti è stato il ministro della Difesa Guido Crosetto. “Abbiamo chiesto ai relatori di ritirare l’emendamento per evitare inutili polemiche”. Questa è la spiegazione ufficiale che il governo fornisce, come se finora avesse tenuto conto delle polemiche. Ma con questo atto il rischio di portare in piazza contestazioni per nulla pacifiche, era grosso davvero. Crosetto poi, vestendo i panni dell’uomo che subisce un’ingiustizia, si sfoga. “Quello che sarebbe incomprensibile per altre professioni, cioè: due persone che fanno lo stesso lavoro, hanno trattamenti diversi, per chi fa politica non vale”.

I soldi non ci sono, ma per alcuni si trovano

La spiegazione della giustezza dell’emendamento, sostenuta da Crosetto, non convince tuttavia le opposizioni, proprio per i motivi descritti. Inoltre, un governo che elimina un sostegno come il Reddito di cittadinanza, come può poi proporre un amento agli stipendi dei ministri di oltre 7.000 euro al mese?

Un aumento annuo da 1,5 milioni + spese telefoniche e viaggi

Ad ogni modo il ministro Crosetto ha cercato di chiudere le pericolose polemiche su una proposta che stava trasformandosi in un autogol del governo. Se l’emendamento fosse stato approvato, avrebbe portato a un aumento di 7.193,11 euro dello stipendio mensile per 17 componenti dell’attuale governo a partire dal 2025, tra diaria e rimborsi. Senza considerare 1.200 euro per le spese telefoniche e i rimborsi dei viaggi. Risorse che si sarebbero sommate ai 10.435 euro lordi che gli interessati già percepiscono. E’ evidente che sarebbero saliti, e non di poco, i costi della politica.

Tra i ministri non eletti ne avrebbero beneficiato: Guido Crosetto, Andrea Abodi, Carlo Nordio, Giuseppe Valditara, Alessandro Giuli, Matteo Piantedosi, Orazio Schillaci e Alessandra Locatelli.

Tristezza e rassegnazione

Crosetto incalza e dice che è “assurdo continuare a lasciare spazio alle polemiche”. Ribadisce poi che l’emendamento avrebbe parificato ministri e sottosegretari non parlamentari ai deputati, riconoscendo loro i rimborsi spese. Il ministro lamenta anche che “è così da oltre due anni e continuerà così fino fine legislatura” e chiede retoricamente se la cosa sia giusta? Poi risponde egli stesso e dice: “Non penso. Perché non ha senso che il ministro degli interni o della Difesa debbano avere un trattamento diverso rispetto ad un loro sottosegretario. Ma finora non è mai importato né a me né ai miei colleghi”. Crosetto chiude rimarcando: “per questo abbiamo chiesto di ritirarlo ed evitare inutili polemiche”.

Foto: itamil.org