Quando parliamo del “come eravamo”, rischiamo di scadere nel banale, nella retorica. Ricordare i tempi passati è in fondo un inutile esercizio di nostalgia fine a sé stesso che non produce alcun giovamento concreto. Eppure è proprio attingendo alla memoria che si riesce a costruire il percorso che ci ha resi ciò che siamo, nel bene e nel male.
Giovani soli
I cinquantenni di oggi ricordano con malcelata nostalgia quando si tracciava sul marciapiedi o sulla piazzetta del quartiere la “campana”. Quell’insieme di caselle e numeri sui quali si doveva saltare con un piede per diventare campioni. Come non ricordare le partite di pallone dove i pali della porta erano i giacchetti in terra e l’altezza della traversa era quella del portiere con le mani alzate? Erano momenti di aggregazione dove i ragazzini formavano una piccola società temporanea che li vedeva partecipi di un gioco comune. Lo specchio dei tempi è impietoso e la tendenza all’individualismo e all’isolamento sociale, indotte da una civiltà ipertecnologica hanno frammentato fino a distruggere ogni attività aggregativa. I nuovi ragazzini non somigliano a quello che sono stati per secoli i giovanissimi di tutto il mondo. Sono evoluti, sono altro, ma soprattutto sono soli.
Tutti insieme e ognuno a casa sua
Il mondo di Internet e dei Social network nasce e sviluppa con lo scopo di accorciare le distanze, ampliare i contatti e le conoscenze, raggiungere persone e luoghi distanti. Un pensiero che accomuna l’umanità e che la rende più prossima in ogni sua sfaccettatura.
Il rovescio della medaglia però è l’inutilità della presenza fisica. Non serve andare a citofonare all’amico per invitarlo a scendere a giocare, basta contattarlo sul Social e iniziare a interagire con lui “virtualmente”. La distanza si è accorciata, se ci si limita a considerare tutto questo come “la soluzione” per far arrivare un messaggio audio o video a qualcuno. In realtà questa comunicazione avviene appunto a distanza e non c’è contatto. I ragazzini mettevano il braccio sulla spalla del loro amico mentre parlavano in gruppo. Il contatto era un segno di appartenenza di condivisione. Si facevano boccacce e sberleffi e non si inviavano dei “meme”, e quando ci si picchiava, perché i ragazzini sono anche capaci di litigare per quel gol che forse non c’era, gli schiaffi volavano davvero e non erano “faccine incazzate sulla chat”.
Intrappolati dagli smartphone
Come detto, non si può perseverare nella ricerca nostalgica dei tempi che furono, il tram a cavalli ora è sostituito “dall’Alta velocità” e nessuno vorrebbe tornare indietro. Resta tuttavia la considerazione che la formazione degli adolescenti avviene in solitaria, non è corroborata dalla presenza di un collettivo di coetanei, non esiste più un vero confronto. Chi si trova a passare davanti ad un muretto o ad una panchina dove ci sono alcuni ragazzini, li vede col capo chino, intenti a digitare sullo smartphone.
Ragazzi che sono insieme ma sono isolati nella sostanza, che non comunicano e non ridono tra loro, tutto è relegato ad una attività individuale sulle piattaforme sociali in rete.
Si impara presto a star da soli
La società ha imposto regole non scritte che hanno “ingabbiato” gli schemi della famiglia. La necessità di ottenere maggiori risorse per far fronte ai bisogni, ci ha obbligati all’assenza di entrambi i genitori, questo sarebbe sciocco negarlo. I più piccoli sono in compagnia della televisione o del tablet e vengono abituati fin da bambini a bastarsi. Le tante ore passate davanti alla tv da parte di questa platea di giovanissimi forzati ha fatto pensare agli addetti ai lavori che bisognasse ricorrere alle fasce di età per la trasmissione di certi programmi e persino di alcune pubblicità. E’ evidente che abbiamo eletto la tv al ruolo di “nuovo parente” che si prende cura dei nostri figli più piccoli.
Abbandonare la dipendenza dal “tecnologico”
Su questi temi sono state scritte migliaia, milioni di pagine, la ricerca dell’optimum che possa garantire il corretto equilibrio tra progresso tecnologico della comunicazione e reale socialità, è pressoché impossibile da raggiungere. Si può però provare ad abbassare la dipendenza dal virtuale in favore della presenza fisica, della vera compagnia. Il recupero dei rapporti sociali diretti è indispensabile per chi sta formando il proprio carattere, per chi dovrà essere a breve un adulto che gestirà la società.
L’ultima roccaforte minata dalla Dad
La scuola è probabilmente l’ultimo baluardo in difesa di questo. E’ infatti in essa che i giovani trovano obbligatoriamente momenti di confronto e rapporti interpersonali. La conferma è stata la triste pausa dovuta alla pandemia, che ha rinchiuso i ragazzi a casa costringendoli alla Didattica a distanza. Gli effetti di questo ulteriore isolamento sono stati proprio il ricorso spasmodico ai social da parte dei ragazzi. Più studi condotti in questo ambito hanno dimostrato che i giovani sottoposti a questo isolamento hanno subito alterazioni emotive e comportamentali. Ancor più grave è stato l’effetto in ambito sessuale dei giovani e giovanissimi che hanno trovato l’alternativa nei siti con contenuti pornografici. Questo fenomeno ha interessato largamente proprio la platea femminile, che normalmente non “consumava” questo particolare canale di intrattenimento. Studi in questo ambito hanno poi dimostrato che, sia per gli adolescenti maschi che per le femmine, l’isolamento forzato ha prodotto incertezze sull’identità sessuale.
Tornare umani
Gli effetti connessi e relativi alle “dipendenze tecnologiche” sono quindi accertati e sono materia di studio. L’obiettivo dei ricercatori e degli scienziati e proprio quello di limitare, se non azzerare, le conseguenze nocive di queste nuove dipendenze. I risvolti comportamentali evidenziati dalle abitudini sviluppate dai soggetti (sempre giovanissimi) mostrano alterazioni caratteriali che non possono essere sottovalutate. Il grande aiuto arriva dalle famiglie che possono interrompere il legame col mondo tecnologico, favorendo quello dei rapporti sociali della vita reale. La scuola ha inoltre il dovere di vigilare e individuare atteggiamenti di chiusura dei giovani, anche qui sollecitando rapporti collettivi in alternativa a piattaforme chat o social. Un compito arduo, perché le mode non si cambiano per decreto, ma indispensabile per evitare un futuro dove saremo tutti gonfi di Giga ma incapaci di relazionarci l’un l’altro.
Foto tratta da: fondazioneveronesi.it