Una pensione da 285 euro al mese per un invalido al 100% “è contro la Costituzione”. Lo ha affermato un giudice di Torino, che ha subito presentato ricorso alla Consulta, che settimana prossima si pronuncerà sull’adeguatezza dell’importo e i requisiti anagrafici per la concessione delle pensioni per invalidità totale. La questione di legittimità è stata sollevata dalla Corte d’appello di Torino e verrà giudicata sulla base dell’articolo 2, primo comma, della legge del 1972 sugli invalidi civili e l’articolo 38, comma 4, della legge Finanziaria 2002.
L’importo, stabilito originariamente in 234mila lire all’anno, è stato elevato nel tempo con specifici provvedimenti legislativi ed è soggetto a perequazione automatica. I dubbi di legittimità costituzionale riguardano l’importo della pensione di invalidità in rapporto all’articolo 38 primo comma della Costituzione, ritenendo “insufficiente a garantire il soddisfacimento delle elementari esigenze di vita”. La stessa disposizione viene censurata sulla base dell’articolo 3 della costituzione, con un violazione del principio di uguaglianza, “ponendo a confronto l’importo della pensione di inabilità, corrisposta agli inabili a lavoro di età compresa tra i 18 e i 65 anni, e l’importo dell’assegno sociale corrisposto ai cittadini di età superiore a 66 anni in possesso di determinati requisiti reddituali, meno favorevoli di quelli di riferimento per il riconoscimento della pensione di inabilità”.
LEGGI ANCHE – Cassa Integrazione, una situazione ancora da risolvere
Secondo il giudice rimettente, ritenuta l’assimilabilità sostanziale dei due benefici, sarebbe da ritenere irragionevole il riconoscimento al soggetto inabile al lavoro infrasessantacinquenne un trattamento sensibilmente inferiore a quello dell’assegno sociale nonostante la comune situazione di bisogno determinata dalla inabilità al lavoro.
Sarebbero evidenziati, attraverso l’ordinanza, dei contrasti anche con gli articolo 10, primo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, in riferimento alla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità e agli articoli 26 e 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
La seconda disposizione menzionata dispone la concessione, in presenza di determinate condizioni reddituali, di benefici incrementativi dei trattamenti riconosciuti, anche agli invalidi civili totali di età superiore ai 65 anni. Una disposizione che risulterebbe “irragionevole” e in contrato con gli articoli 3 e 38 primo comma della Costituzione.
LEGGI ANCHE – INPS, Cassa Integrazione: soldi distribuiti e possibile prolungamento