“Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il ventiquattro maggio …”
Il celebre ritornello con cui inizia la canzone de La Leggenda del Piave di Giovanni Ermete Gaeta, per celebrare l’entrata in guerra dell’Italia il 24 maggio 1915.
L’Italia entrò nel Primo Conflitto Mondiale che avrebbe causato 25 milioni di morti, palestra per la Seconda Guerra Mondiale, che di morti ne avrebbe seppelliti 62 milioni.
La guerra scoppiò il 28 luglio 1914 a causa dell’attentato di Sarajevo dove perse la vita Francesco Ferdinando, erede al trono di Austria-Ungheria, ma l’Italia rimase neutrale il primo anno di combattimenti, osservando la potenza tedesca schiacciare Francia e Belgio.
L’8 aprile 1915, l’Italia offrì di affiancare in guerra le potenze centrali se le fossero stati ceduti Trentino, isole della Dalmazia, Gorizia, Gradisca e riconosciuto il “primato” sull’Albania. Una settimana dopo l’Austria-Ungheria rifiutò le condizioni e l’Italia fece richieste ancora più gravose alle potenze dell’Intesa, che si dissero disposte a intavolare delle trattative.
L’offensiva tedesca ebbe un brusco arresto sulla Marna facendo vacillare la sua invincibilità e l’Italia si spaccò tra interventisti e neutrali: coloro che chiedevano un intervento contro l’Impero Austro-ungarico per non sminuire politicamente il Regno di fronte alle altre potenze europee in caso di sconfitta dei germanici e coloro che invece temevano la dura vendetta dell’Impero se fosse stata tradita una alleanza trentennale.
Il 26 aprile 1915 l’Italia cedette alle pressioni partecipando al Patto di Londra ed impegnandosi ad entrare in guerra entro un mese; il 3 maggio venne quindi rotta la Triplice Alleanza e dal 23 maggio cominciò la mobilitazione delle truppe, dichiarando guerra all’Impero Austriaco ma non alla Germania, con la quale l’Italia voleva salvare i rapporti.
I primi combattimenti veri e propri si ebbero dal 23 giugno, quando gli italiani attaccarono le postazioni fortificate degli austriaci lungo il corso del fiume Isonzo, combattendo duramente fino al 7 luglio e perdendo fin da subito molti uomini.
Oggi a 105 anni da quei fatti, la memoria storica va preservata, per evitare di commettere gli stessi errori, quanto celebrare le gesta di uomini d’altri tempi, che ancora combattevano in nome di un ideale e del proprio onore.