L’inflazione e la rivalutazione del TFR sono ulteriore costo per le aziende?
In Italia storicamente il TFR dei dipendenti delle piccole e medie imprese ha rappresentato una fonte di finanziamento aggiuntiva spesso alternativa al credito bancario.
In bilancio il Tfr rappresenta un debito verso i dipendenti. L’accantonamento, se detenuto in cassa, può essere utilizzato per finanziare spese o ulteriori investimenti. Nel momento in cui il dipendente cessa il rapporto di lavoro il Tfr va liquidato allo stesso maggiorato degli interessi.
La misura degli interessi da corrispondere al dipendente a fine rapporto di lavoro varia in base all’inflazione. Infatti la formula di calcolo è 1,5% fisso + lo 0,75% dell’inflazione.
L’incremento dell’inflazione nel 2022 sta rendendo quindi sempre più costoso detenere il Tfr in azienda soprattutto se lo stesso viene utilizzato in investimenti poco remunerativi oppure per fronteggiare spese improduttive.
La diminuzione della durata media dei contratti di lavoro e le aumentate esigenze finanziarie dei dipendenti, rendono più difficile alle aziende investire produttivamente queste risorse; semplicemente perché è più complicato pianificare con esattezza la loro permanenza nel tempo.
Un esempio ci può aiutare a delineare meglio questo concetto:
Un tfr complessivo di 10.000 euro all’anno per 10 anni con un rendimento (costo per l’azienda) del 5% consente all’azienda di utilizzare complessivamente 100.000 euro. Al termine dei 10 anni però, l’azienda dovrà restituire ai dipendenti complessivamente circa 132.000 euro.
In 20 anni, a parità di rendimento, su 200.000 euro utilizzati l’azienda dovrà restituirne oltre 347.000 euro.
Questo semplice esempio evidenzia come nel tempo il Tfr, se non utilizzato opportunamente, possa diventare più un peso che una risorsa.
È importante che l’azienda pianifichi la gestione di questi flussi di cassa in modo professionale al fine di capire, in relazione alla propria specifica esigenza, come cercare di ottimizzare la gestione.
La valutazione ha elementi di specificità connessi alla redditività degli investimenti aziendali e alla situazione patrimoniale dell’azienda stessa.
La complessità del quadro incrocia inoltre le competenze del commercialista, del consulente del lavoro e del consulente finanziario che per una corretta valutazione del tema hanno la necessità di lavorare in sinergia condividendo le informazioni.
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