A partire dal mese di novembre, le pensioni di invalidità passano da 286,81 a 651,51 euro (per 13 mensilità). Il nuovo trattamento, come riporta quifinanza.it, è esteso a tutti gli invalidi civili 100%, dai 18 anni ai 60 anni, senza attendere il compimento del 60° anno di età.
La circolare Inps 107 del 23 settembre fornisce dettagli e chiarimenti su chi percepirà l’aumento, da quando, l’importo e le modalità di pagamento.
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Nella circolare si legge anche che l’incremento, deliberato dal governo col decreto di Agosto, decorre dal 20 luglio 2020. Questo significa che per i mesi scorsi verranno riconosciuti gli arretrati ai pensionati aventi diritto. Per loro è in arrivo quindi un assegno una tantum di circa 2.000 euro: gli arretrati per gli ultimi giorni di luglio a cui si somma quanto non corrisposto ad agosto, settembre ed ottobre.
Pensioni di invalidità: gli aumenti da novembre
Dal 1 novembre, le pensioni per invalidi civili totali passano da 286,81 a 651,51 euro (per 13 mensilità). Il nuovo trattamento è esteso a tutti gli invalidi civili 100%, dai 18 anni ai 60 anni, senza attendere il compimento del 60° anno di età.
L’incremento delle pensioni agli invalidi civili totali, ciechi assoluti e sordi sarà riconosciuto d’ufficio. La persona invalida, già beneficiaria di assegno pensionistico, non dovrà quindi fare nulla.
L’aumento si rivolge a quei soggetti per i quali la Corte Costituzionale aveva stabilito l’illegittimità dell’importo della pensione di invalidità, in quanto ritenuto inadeguato a soddisfare le più elementari esigenze di vita di carattere quotidiano.
L’Inps sta predisponendo i pagamenti agli aventi diritto a partire dall’elaborazione del cedolino pensione del 2 novembre 2020.
Pensione di invalidità, gli arretrati
Nella circolare è spiegato che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale dello scorso mese di giugno e del successivo intervento del governo, sarà riconosciuta la dovuta maggiorazione economica. La decorrenza è il 20 luglio 2020, pertanto verranno corrisposti anche gli arretrati a partire da quella data: si tratterebbe di un assegno una tantum di circa 2mila euro.
Gli aumenti – precisa l’Inps – riguardano solo gli invalidi al 100%, compresi ciechi e sordomuti, che hanno un’età compresa fra i 18 e 59 anni, esclusi in precedenza dalla normativa.
Rimangono fuori anche gli invalidi civili parziali e gli invalidi civili totali con redditi superiori a una certa soglia riportata nella circolare. Per gli invalidi con età pari o superiore a 60 anni, gli aumenti sono già previsti dalla normativa vigente.
Aumento pensioni di invalidità e limiti di reddito
Per avere diritto all’aumento della pensione di invalidità – spiega l’Inps – sono necessari i seguenti requisiti reddituali per il 2020:
il beneficiario non coniugato deve possedere redditi propri non superiori a 469,63 euro (pari all’importo massimo moltiplicato per tredici mensilità);
il beneficiario coniugato (non effettivamente e legalmente separato) deve possedere:
– redditi propri di importo non superiore a 8.469,63 euro;
– redditi cumulati con quello del coniuge di importo annuo non superiore a 14.447,42 euro.
Se entrambi i coniugi hanno diritto all’incremento, questo concorre al calcolo reddituale. Pertanto, nel caso in cui l’attribuzione del beneficio a uno dei due comporti il raggiungimento del limite di reddito cumulato, nulla è dovuto all’altro coniuge. Se invece il limite non viene raggiunto, l’importo dell’aumento da corrispondere a un coniuge deve tener conto del reddito cumulato comprensivo dell’aumento già riconosciuto all’altro.
Ai fini della valutazione del requisito reddituale concorrono i redditi di qualsiasi natura, ossia i redditi assoggettabili ad Irpef, sia a tassazione corrente che a tassazione separata, i redditi tassati alla fonte, i redditi esenti da Irpef, sia del titolare che del coniuge.
Al contrario non concorrono al calcolo reddituale i seguenti redditi:
il reddito della casa di abitazione;
le pensioni di guerra;
l’indennità di accompagnamento;
l’importo aggiuntivo di 300.000 lire (154,94 euro) previsto dal comma 7 dell’articolo 70 della legge 23 dicembre 2000, n. 388,
i trattamenti di famiglia;
l’indennizzo previsto dalla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati.