INPS, toglie Reddito di cittadinanza: chi ne è escluso

Reddito di cittadinanza

Stanno arrivando i Bonus 600 euro, come riporta trendonline.com, per i lavoratori che fanno richiesta domanda.

Finalmente è arrivato il giorno della verità: l’Inps ha tolto il reddito di cittadinanza a 1.976 persone, che non avevano più diritto a riceverlo. Il motivo? Le domande sarebbero decadute per il superamento del valore del reddito familiare. I soggeeti coinvolti troveranno nella propria area personale dell’Inps la voce superamento valore reddito familiare per attività lavorativa, che motiva la decisione che ha portato alla decadenza del reddito di cittadinanza.

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Ricordiamo che ogni mese l’Inps provvede ad effettuare un check di tutte le domande di richiesta del reddito di cittadinanza e verifica che i nuclei familiari siano ancora in possesso dei requisiti reddituali e patrimoniali per poter beneficiare del sussidio.

Reddito di cittadinanza: quando viene tolto?
Come abbiamo accennato nel paragrafo precedente, l’Inps periodicamente verifica se continuano a sussistere i requisiti per continuare a ricevere il reddito di cittadinanza. L’istituto di prevvidenza procede a confrontare eventuali variazioni comunicate con il modulo COM-Esteso SR181, attraverso il quale quanti stanno ricevendo il sussidio sono obbligati a comunicare i redditi che percepiscono dall’inizio di una nuova attività lavorativa (non importa se come lavoratori dipendenti o come autonomi). Nella stessa comunicazione deve essere indicato se i componenti del nuclo familiare abbiano presentato le dimissioni o se vi sia stata una variazione del patrimonio immobiliare. Tutti dati importanti al fine di evincere se vi sia stato un superamento dei limiti reddituali imposti dalla normativa.

Ricoridamo, in questa sede, che il reddito di cittadinanza è stato confermato nel 2021. Però è necessario rispettare alcuni requisiti. Tra questi, uno dei più importanti, è che il valore dell’Isee non superi il valore di 9.360 euro, indipendentemente dal numero di persone che costituisce il nucleo familiare. A questo si aggiugono tutta un’altra serie di requisiti patrimoniali che è necessario rispettare:

il valore del patrimoni immobiliare non deve superare i 30.000 euro. In questo valore non è compresa la prima casa, quella in cui la famiglia abita;
il patrimonio mobiliare non deve superare i 6.000 euro. Questa soglia aumenta di 2.000 euro per ogni persona che fa parte del nuclo familiare e sale di 1.000 euro per ogni figlio successivo al secondo.
Relativamente all’Isee 2021, i valori presi in considerazione sono quelli relativi al 2019.

Reddito di cittadinanza: finalmente i tagli!
Proprio in questi giorni, finalmente sono scattati i primi tagli del reddito di cittadinanza. Come avevamo spiegato in un precedente articolo, dal mese di luglio partono i primi tagli del sussidio. Sono diventate operative le disposizioni del Decreto 4/2019, che prevede una bella sforbiciata dell’assegno erogato, nel caso in cui non venga speso per intero. Prima che partisse questa importante riduzione del reddito di cittadinanza era necessario che venisse pubblicato il decreto attuativo da parte del Ministero del Lavoro: decreto che è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 30 giugno 2020.

Ricordiamo che l’articolo 3, comma 15, secondo periodo del decreto-legge n. 4 del 2019, recita:

l’ammontare di beneficio non speso ovvero non prelevato dai beneficiari della Carta Rdc, ad eccezione di arretrati, è sottratto, nei limiti del 20% del beneficio erogato, nella mensilità successiva a quella in cui il beneficio non è stato interamente speso.

Proviamo ad effettuare un esempio molto pratico. Nel caso in cui l’eccedenza sulla carta sia superiore agli 8 euro, nel corso del mese successivo verrà decurtata la cifra che non è stata spesa. Il tetto massimo che potrà essere decurtato sarà pari al 20% del reddito di cittadinanza. Proviamo a fare un esempio: poniamo il caso in cui un beneficiario che percepisca 500 euro ogni mese, si ritrovi con 250 euro non spesi.

Reddito di cittadinanza: ma quanto ci costi?
Ammonta a quasi 26 miliardi di euro il totale del costo del reddito di cittadinanza, nel triennio 2020-2022, a carico del bilancio pubblico. Nello stesso arco di tempo, invece, alle politiche attive per il lavoro sono destinate risorse per 9,7 miliardi. Dalle casse dello Stato, poi, usciranno 88,4 miliardi per la scuola, 25,5 miliardi per l’università, 11,6 miliardi per la ricerca, 15,1 miliardi per le grandi opere pubbliche e le infrastrutture. Il contributo dell’Italia all’Unione europea salirà dai 20,5 miliardi del 2020 ai 24,4 miliardi del 2022 per un totale, nel triennio, di 68,2 miliardi. Questi i dati principali di un’analisi del Centro studi di Unimpresa che ha realizzato uno “spaccato” sui conti pubblici italiani prendendo in esame il budget del triennio 2020-2022 relativo a lavoro, istruzione e ricerca, grandi opere, Unione europea e organi costituzionali.

Gli squilibri sono evidenti: si danno troppe risorse a quello che di fatto è puro assistenzialismo, mentre lo Stato continua a investire troppo poco sulle politiche attive per il lavoro, per la scuola e la ricerca, per le grandi opere pubbliche, commenta Giovanna Ferrara, presidente di Unimpresa.

Secondo i dati del Centro studi di Unimpresa, nel triennio 2020-2022 sono destinati 9,7 miliardi di euro alle politiche attive per il lavoro con un aumento di 6,5 miliardi (+567,77%) dal 2020 al 2022. Le politiche passive per il lavoro (principalmente identificabili con il cosiddetto reddito di cittadinanza) peseranno per 25,9 miliardi, con una diminuzione di 3,5 miliardi (-35,89%) dai 9,8 miliardi del 2020 ai 6,3 miliardi del 2022. Lo Stato spenderà, poi, 88,4 miliardi per la scuola con una cifra sostanzialmente stabile nel triennio pari a circa 44 miliardi; all’università sono destinati circa 8,5 miliardi l’anno per complessivi 25,5 miliardi, mentre alla ricerca e all’innovazione sono assegnate risorse per quasi 4 miliardi l’anno. E’ destinata a calare la spesa per grandi opere pubbliche e infrastrutture: dai 6,8 miliardi del 2020 ai 4,3 miliardi del 2022 con una discesa di quasi 2,5 miliardi (-36,44%). Salirà in maniera robusta il contributo dell’Italia all’Unione europea: 20,5 miliardi nel 2020, 23,2 miliardi nel 2021 e 24,4 miliardi nel 2022 per complessivi 68,2 miliardi: tra il 2020 e il 2022 la variazione in crescita sarà di 3,9 miliardi (+19,15%). Per la Presidenza del consiglio dei ministri, lo Stato spenderà 1,8 miliardi nel triennio: la cifra resterà stabile attorno ai 600 milioni l’anno (606,7 milioni nel 2020, 595,9 milioni nel 2021 e 609,1 milioni nel 2022). Gli organi costituzionali (Camera, Senato e Corte costituzionale) costeranno, invece, 5,2 miliardi nell’arco dell’intero triennio pari a 1,7 miliardi l’anno.

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