Italia, un Paese abbandonato …
Fantasmi e macerie del Belpaese
Quando pensiamo al nostro Belpaese, iniziamo a respirare odore di storia, d’arte, e la prima cosa che ci viene in mente è la massiccia presenza di grandi e importanti monumenti, fiori all’occhiello e tratti distintivi della nostra penisola; subito dopo l’odore cambia, e dall’antico del marmo si passa a sentire il profumo fresco di un prato fiorito, del mare o di un bosco e il valore storico lascia il passo a quello ambientale, essendo lo stivale per definizione “il Giardino d’Europa”; dopodiché gli aromi che abbiamo sentito finora si dissolvono e si intensificano, trasformandosi in quello di un bel piatto fumante di spaghetti al pomodoro e basilico, di una mozzarella di bufala, di una pizza margherita: simboli e popolarità della cucina italiana nel mondo.
Tuttavia, e di questo argomento si parla molto poco, l’Italia è caratterizzata anche da un’ingente presenza di aree abbandonate al nulla. Non c’è città italiana che abbia al proprio interno spazi fatiscenti e diroccati. Abitazioni private, edifici pubblici, cantieri edili iniziati e mai terminati, stabilimenti industriali i obsoleti e deserti.
Sono edifici fantasma che hanno avuto spesso nel passato un ruolo importante nell’economia del territorio. Poi, per i motivi più disparati, sono stati abbandonati e poi gradualmente dimenticati. Le attività che vi si svolgevano sono state trasferite o soppresse e questi spazi di ferro e cemento sono rimasti silenti a deperire. La natura piano piano li ha nascosti, inglobati, trasformati.
I luoghi abbandonati d’Italia possono essere svariati; si parte dagli stabilimenti, ex fabbriche tessili, metallurgiche fino ad arrivare agli enti pubblici (ex ospedali, manicomi, ex conventi).
Questi edifici spesso sono stati chiusi per situazioni di problematiche strutturali o perché situati in zone sismiche (centro Italia) oppure, come nel caso dei manicomi, chiusi e dismessi con la legge Basaglia ormai dalla fine degli anni 70 del 900.
I luoghi abbandonati che popolano la nostra penisola sono tantissimi.
Per citarne alcuni dei più importanti, l’ex Raffineria di Rho-Pero, nel territorio milanese, dismessa e bonificata, e oggi divenuta Fiera di Milano, protagonista nella gestione degli spazi espositivi e dei servizi fieristici.
Oppure la Ticosa (Tintoria Comense Società Anonima) ovvero quella che fu la grande azienda tessile comasca nata nel 1871 e operante nel campo della seta, demolita nel 2007 e ancora in stato di abbandono.
E ancora, Consonno, R.U.S.C.o., l’Abbazia di San Galgano con la sua affascinante e misteriosa storia sulla “spada nella roccia”, il Castello di Sammezzano, l’ex Ospedale Sanatorio Luzzi, le discoteche Woodpecker, Excalibur e Ultimo Impero, spazi abbandonati diventati mete ricercate da turisti e urban explorers, ossia gli appassionati che vanno in giro per l’Italia a visitarli e fotografarli.
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Fra questi, Devis Vezzaro, un fotografo libero professionista originario di Dueville in provincia di Vicenza, che si occupa di eventi che trattano la fotografia ed è il fondatore e presidente di un’associazione culturale chiamata “I luoghi dell’abbandono”. La sua associazione nasce a Vicenza con un progetto per recuperare le aree in dismissione in Italia e all’estero e per valorizzarle o rivalorizzarle, opera nella ricerca, documentazione e valorizzazione di luoghi in stato di abbandono, e organizza escursioni e mostre a tema attraverso scatti fotografici che mostrano il cupo declino di alcune location, prima luoghi vissuti ora spettri di strutture decadenti e pericolose. L’associazione collabora con enti pubblici, che possono essere Asl, comuni, reti televisive, giornali proprio per sollevare la possibilità di recupero di questi luoghi abbandonati o semiabbandonati.
Come viene fronteggiato l’abbandono?
Di norma, se sono enti pubblici vengono riconvertiti e utilizzati come uffici in genere, altrimenti vengono tenuti fermi senza prospettive. Tutte queste aree hanno il principale problema che è la sicurezza, sono abitate molto spesso da sbandati o occupate da centri sociali per i loro scopi, molto spesso anche positivi.
Il nostro auspicio è che queste aree fantasma vengano prese e trasformate in luoghi di aggregazione culturale, in modo che in Italia si possa respirare anche un odore di rinascita, del nuovo e del bello che si fa strada tra le macerie.
Pubblicato su “I FATTI area metropolitana” Est – Edizione Gennaio 2021
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