Il tema degli autodemolitori e dei rottamatori a Roma, non vede ancora una soluzione ragionevole nonostante gli anni passino inesorabili. Per questo abbiamo contattato l’imprenditore Irene Bucci, presidente COARR, un comitato che rappresenta la categoria degli autodemolitori, meglio conosciuti come sfasci, “e che non vuole più chiamarsi così, ma Autovalorizzatori perché in realtà questo, sentono di essere “; e l’Avv. Elena Donato, presidente Associazione ARDER, Associazione Romana Demolitori e Rottamatori. Rappresenta le ditte di Autodemolizioni di Roma, e si occupa da svariati anni della gestione dei contenziosi nati con l’Amministrazione Capitolina a fronte del mancato rinnovo di tutte le Autorizzazioni allo svolgimento delle attività.
Irene Bucci:
Quale è la situazione attuale delle imprese di autodemolizione e rottamazione romane?
« Attualmente a Roma ci sono circa 100 aziende con 2500 operatori , chiuse o quasi, per via della scellerata politica dell’Amministrazione precedente, che ha sospeso tutte le autorizzazioni in barba a gli accordi in piedi già dal 1982 e nello specifico a quello del ’97 che prevedeva una delocalizzazioni degli impianti assicurando nel frattempo il proseguimento delle attività, in attesa proprio che il Comune individuasse tali aree. »
Cosa auspica per il suo futuro e per quello di tutto il settore?
« Auspico che le nostre aziende vengano riaperte al più presto, che venga ripristinato ed eventualmente aggiornato l’accordo del ’97 quindi analizzare gli impianti uno a uno , prevedere una stabilizzazione ove possibile, delocalizzare gli altri in siti perlomeno vicini alla vecchia ubicazione considerando pure il cambiamento antropologico della città, abbandonando per sempre l’idea del centro commerciale degli Autovalorizzatori. »
Abbiamo sentito parlare tante volte imprenditori e lavoratori del vostro settore con grande attaccamento e passione per il proprio lavoro. Ci sono famiglie che sono alla terza o quarta generazione che imprendono o lavorano nell’ambito.
Perché questo settore nel mondo di oggi, dovrebbe essere ancora più importante del passato e quale è il vostro valore aggiunto?
« Queste attività spesso sono a conduzione famigliare e come quasi tutte in Italia , si trasmettono di padre in figlio ,ma siamo aziende a tutti gli effetti in quanto il personale è in regola e si pagano regolarmente le tasse, il nostro Pil per il Comune di Roma , negli anni precedenti è stato di circa 150 milioni annui, ovviamente andati persi ormai. A Roma un servizio fondamentale per il cittadino e la cittadinanza romana non c’è più da 5 anni, si potevano rottamare veicoli a KM zero e spesso a costo zero non considerando la salvaguardia all’ambiente visto che il nostro lavoro consiste ne riciclare e recuperare tutto da un veicolo. »
Quanto ama il suo lavoro?
« È vero, lo amo molto e lo considero il più bello del mondo, al contrario di quanto pensa l’immaginario collettivo, è un ambiente allegro, si svolge all’aria aperta e mai come il periodo che abbiamo passato questo è stato importante. Nel nostro lavoro si ha la consapevolezza di fare anche molto per l’ambiente e il cittadino. »
Quale indotto pensa si aggiri intorno alle vostre imprese, sia in termini economici che di posti lavorativi?
« Le nostre aziende contribuiscono in maniera sostanziale all’ambiente, in un momento come questo dove è fondamentale il riciclo e il recupero delle materie prime/seconde, visto che in Italia si acquista tutto dall’estero, noi lo rappresentiamo al meglio i veicoli che entrano da noi vengono trasformati in ferro, alluminio, plastiche, vetro ecc … In questo momento è importante salvaguardare anche un solo posto di lavoro, potremmo assumere e invece siamo costretti a licenziare, non per la pandemia, non per la crisi mondiale, ma per incapacità delle amministrazioni di risolvere una questione aperta solo da 40 anni e più. Quando si sparla di noi non viene considerato tutto l’enorme indotto esterno che abbiamo: con noi lavorano, trasportatori, carrozzerie, officine, gommisti, acciaierie, industrie delle plastiche e del vetro, agenzie pratiche auto, tecnici, set cinematografici, ecc ecc. Potremmo collaborare con l’amministrazione comunale affiancandoci per es. alle isole ecologiche: sappiamo tutti che non ritirano ricambi derivati dalle auto tipo batterie, gomme ecc. ecc.; contribuire alla riqualificazione della città recuperando veicoli in stato di abbandono che giacciono ovunque ormai. »
Perché a Roma e sembrerebbe solo a Roma, stiamo così?
« Intanto per l’ignoranza delle Amministrazioni precedenti che hanno sempre sottostimato il nostro lavoro. Siamo sempre passati dietro a tutti, tutte le aree individuate per le nostre aziende poi sono finite al centro commerciale X, al costruttore Tizio o Caio, quindi essendo svanite le aree la soluzione più facile è stata una chiusura indiscriminata e improvvisa, non considerando i posti di lavoro persi e gli impegni economici in piedi delle aziende. Le restrittive normative europee poi non aiutano, perché l’Italia è l’unica nazione europea che le recepisce in toto, basti andare a vedere gli impianti, per es., in Scandinavia, in Germania, … che forse sono simili ai nostri di 40 anni fa. Ovviamente la normativa europea ormai viene usata come schermo dalle autorità competenti per non prendersi responsabilità di derogare norme che impediscono di fatto di svolgere un’attività fondamentale per il cittadino e l’ambiente. »
Elena Donato :
Negli ultimi anni i rapporti tra le istituzioni locali e le associazioni di categoria degli autodemolitori e rottamatori, sono apparse molto complicate, secondo lei oggi stanno migliorando? Se si, come?
« Negli ultimi anni, ed esattamente dal 2018, i rapporti tra la pubblica amministrazione e le Associazioni di categoria si sono inasprite a causa di una chiara volontà da parte del Comune di Roma, all’epoca ancora legittimato in forza di delega da parte della Regione Lazio, di chiudere tutti gli impianti di autodemolizione e rottamazione presenti sul territorio. Lo stesso Comune, nonostante la concessione di autorizzazioni provvisorie per oltre 20 anni, nonostante l’obbligo scaturente dall’accordo di Programma del 1997 che avrebbe dovuto trasferire le attività in luoghi più idonei, nonostante l’indizione di un tavolo tecnico nel 2017 atto a stabilire quali fossero i requisiti che ogni impianto avrebbe dovuto avere per poter continuare ad esercitare l’attività, e la messa in opera di ingenti e dispendiosi lavori, oltre a non rinnovare le licenze provvisorie visto che le definitive non potevano essere concesse perché presupponevano la stabilizzazione degli impianti che sarebbe territorialmente incompatibile, ha adottato una linea durissima, tramite l’invio di determinazioni dirigenziali spesso improprie, tutte impugnate davanti al competente Tribunale Amministrativo, negando nella maggior parte dei casi addirittura audizione ai rappresentanti di categoria, non in ultimo negando la validità dell’accordo di programma senza individuare e/o attribuire aree più idonee allo svolgimento dell’attività. Ad oggi i rapporti con le istituzioni sembrano un po’ migliorati, visto che a seguito della sentenza n. 198 del 7 ottobre 2021 la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la delega conferita al comune di Roma nel 2006, la Regione Lazio è l’unico ente preposto (come da normativa nazionale) al rilascio delle Autorizzazioni per le attività di Autodemolizione. »
Perché le aziende di rottamazione ed autodemolizione dovrebbero rimanere all’interno del tessuto urbano, magari sia pure
differentemente locate in zone e comparti che potrebbero essere più adeguati e concordati con tutti e quindi anche con la categoria?
« Le aziende di Autodemolizione e rottamazione dovrebbero rimanere all’interno del tessuto urbano perché le stesse si occupano di un servizio di pubblica utilità, essendo preposte alla raccolta ed allo smaltimento dei veicoli a fine vita, recuperando inoltre i materiali ancora utilizzabili dando nutrimento al reimpiego ed il riutilizzo dei materiali, con notevole vantaggio per l’economia. Ad oggi le autovetture sono diventate egemonia di aziende che si trovano fuori dalla regione, e difatti sia Roma che tutto il Lazio sono carenti sia nel mercato dei materiali di seconda mano, sia nel recupero di materiali ferrosi ed elettromagnetici. »
Perché è necessario perseguire sempre una filiera corta dei rifiuti? Quali sono i vantaggi? Ci sono direttive e norme, nazionali ed europee in tal senso, e come a Roma vengono accompagnate da chi governa nelle amministrazioni locali, comunali e regionali in riferimento al vostro settore?
« Innanzi tutto il rifiuto deve, per legge, seguire il percorso più breve. Secondariamente i costi della gestione locale sono più economici, la filiera è controllata sia sul recupero che sulla produzione delle materie prime. La norma di riferimento è quella nazionale, la 152 del 2006, quella regionale la legge 27 del 1998. Questa ultima, a seguito di una lunghissima protesta dei rappresentanti di categoria, è stata ampliata attraverso l’approvazione dell’art. 6 bis, redatta da noi rappresentanti di categoria ed approvata il 28 dicembre 2018, scritto appositamente a garanzia della continuità della filiera, mai applicata, anzi impugnata immediatamente dalla giunta Raggi, ma che ha visto conclamarsi la propria validità a seguito della decisione della Corte Costituzionale. Ad oggi, sembrerebbe che la Regione Lazio voglia trovare uno strumento applicativo, ma i tempi rimangono sempre elefantiaci. »
Dopo una crisi pandemica molto pesante ci ritroviamo in una crisi internazionale, con tutte le conseguenze sul rifornimento di materie prime.
Crede che le istituzioni in particolare quelle politiche, ed anche i cittadini possano essere sensibilizzati a comprendere come il vostro settore che si occupa del riuso riciclo dei materiali, sia oggi ancora più fondamentale, non solo per l’ambiente, ma anche per l’economia? E cosa potreste fare come categoria, sia con iniziative ed eventi, ma anche con un ammodernamento, ove possibile dei vostri impianti, per rendere tutto più appetibile ad una opinione pubblica che si ciba di ambientalismo ma che spesso è carente di competenze per perseguirlo?
« La stabilizzazione della filiera porterebbe ad un incremento dei posti di lavoro, permetterebbe il reimpiego dei materiali riutilizzabili nonché la produzione di importantissime materie prime, quali ferro, alluminio, rame, vetro, plastica, oltre che il notevole risparmio al cittadino il quale in precedenza poteva usufruire della rottamazione in maniera del tutto gratuita, mentre oggi si trova a pagare più di 300,00 euro per demolire il proprio veicolo, oltre ad aver perso il vantaggio di poter acquistare parti di autoveicolo quali specchietti, motori, sportelli, limitando così anche tutti i danni che una maggiore produzione di materiali a livello industriale provoca nel nostro eco sistema; Le nostre aziende, la nostra categoria, disposta, come già dimostrato ad adeguare gli impianti secondo le direttive nazionali ed europee, hanno come unico scopo quello di tutelare l’ambiente smaltendo correttamente tutti i rifiuti speciali e non provenienti da autodemolizioni, e reimpiegando ogni tipo di materiale che può essere riciclato, fornendo così un servizio indispensabile per la città. Gli autodemolitori, fanno del rifiuto e del rottame la propria risorsa, quindi gli ambientalisti capiscano una volta per tutte che non hanno interesse a sotterrarlo o disperderli, quando solo il loro unico provento economico. »
La Regione sarà più capace rispetto alle precedenti Amministrazioni di sanare una volta per tutte le problematiche della filiera?
« Staremo a vedere. Per il momento, tante chiacchiere, tante promesse, una sola circolare emanata che, a mio avviso illegittima è da
considerarsi illegittima in qualche sua parte, ma nessuna soluzione concreta o certezza all’orizzonte. Inoltre, non dimentichiamo una
cosa. Gli autodemolitori servono a Roma, come Roma serve agli Autodemolitori. »
Pubblicato su I FATTI area metropolitana edizione di Giugno 2022 – Pag.12 e 13