Un aspetto davvero particolare del covid è l’aumento dei casi di reinfezione da coronavirus, ovvero di pazienti che si sono ammalati una seconda volta dopo essere guariti. L’ultimo documentato su una rivista scientifica è il caso di un americano che si è ammalato due volte nel giro di 48 giorni l’una dall’altra.
Per di più la seconda infezione, con un ceppo geneticamente diverso di coronavirus, è stata più grave della prima ed ha costretto il paziente in ospedale con supporto di ossigeno. Un aspetto che è stato analizzato dalla rivista Lancet Infectious Disease da Mark Pandori, del Nevada State Public Health Laboratory, presso la the University of Nevada, Reno School of Medicine.
Esempio lampante è la notizia di oggi di una reinfezione di una anziana che in Olanda aveva già avuto il Covid ed era guarita, la donna, 89 anni e in cura per un raro tumore, la seconda volta non è però riuscita a vincere il Covid ed è morta. I casi confermati di reinfezione sono attualmente cinque in Belgio, Olanda, Hong Kong, Ecuador e USA. Ma quelli segnalati nel mondo potrebbero essere almeno 23. Solo la paziente deceduta in Olanda e un paziente in Ecuador hanno manifestato sintomi più gravi nel secondo episodio di contagio. Questo è accaduto anche per il paziente americano.
Si tratta di un giovane di 25 anni di Washoe County, in Nevada che ha riportato ad aprile e poi a giugno due distinte infezioni da SARS-CoV-2, con due ceppi virali geneticamente diversi. Nella rivista americana, viene spiegato che la reinfezione e anche la maggiore gravità del secondo contagio: ad esempio è possibile che la seconda volta i pazienti siano stati contagiati con una carica virale molto elevata, oppure che il loro sistema immunitario sia divenuto molto reattivo al virus.
Certo è che le reinfezioni sollevano dubbi sul fatto che l’esposizione al virus si traduca necessariamente in una totale immunità ad esso. “Sono necessarie ulteriori ricerche per capire quanto a lungo duri l’immunità delle persone esposte al SARS-CoV-2 -spiegano scientificamente nella rivista- e perché alcuni dei pazienti che si riammalano sviluppano sintomi più gravi nella seconda infezione. I nostri risultati segnalano che una pregressa infezione da SARS-CoV-2 non necessariamente protegge da future infezioni. La possibilità di reinfezioni potrebbe avere importanti implicazioni sul fronte dell’immunità alla sindrome COVID-19, specialmente in assenza di un vaccino efficace. Inoltre i casi di reinfezione suggeriscono che anche le persone risultate positive al SARS-CoV-2 dovrebbero continuare a prendere precauzioni, incluso il distanziamento sociale, la mascherina e il lavaggio delle mani”.