La Corte d’Appello di Roma non convalida i trattenimenti in Albania
Un nuovo terremoto giudiziario scuote le fondamenta dell’accordo tra Italia e Albania sulla gestione dei migranti. La Corte d’Appello di Roma ha deciso di non convalidare il trattenimento dei migranti trasferiti martedì scorso, 28 gennaio, nel centro di detenzione di Gjader. Un verdetto che si trasforma in un clamoroso stop al piano del governo. I giudici hanno sospeso il giudizio, rimettendo tutto nelle mani della Corte di Giustizia Europea e congelando ogni decisione fino alla sentenza sui cosiddetti “Paesi sicuri”, attesa per il prossimo 25 febbraio.
La liberazione è inevitabile
La decisione stravolge le sorti delle persone trasferite in Albania. “Il giudizio deve essere sospeso fino alla decisione della Corte di Giustizia. E siccome la sospensione impedisce di rispettare il termine di 48 ore per la convalida, la liberazione del trattenuto diventa inevitabile”, si legge nel dispositivo. Una sentenza che ricalca precedenti pronunciamenti della Corte Costituzionale e che, di fatto, smantella l’efficacia dell’accordo bilaterale voluto dal governo italiano.
La conseguenza
Il piano di trasferimento si sgretola sotto il peso della burocrazia e delle sentenze. I 43 migranti detenuti nel centro di Gjader, in gran parte provenienti da Bangladesh ed Egitto, dovranno essere riportati in Italia. Oggi, sabato 1 febbraio, alle ore 12, torneranno sulle navi della Guardia Costiera, come se nulla fosse mai accaduto. Un’odissea giudiziaria che si consuma tra carte bollate e rinvii, mentre il governo assiste impotente allo smantellamento della sua strategia.
Cinque migranti erano già rientrati
Alcuni di loro, nel frattempo, erano già rientrati: cinque persone salvate nel weekend a sud di Lampedusa sono state subito riportate in Italia. Quattro perché minorenni, uno perché vulnerabile. Un elemento che mette in luce un altro aspetto controverso dell’accordo: il trattato tra Roma e Tirana prevede il trasferimento solo di uomini adulti, giudicati non vulnerabili e provenienti da Paesi considerati sicuri. Ma la definizione di “sicuro” è ora appesa a un filo, sospesa nell’attesa di una decisione europea.
Le reazioni politiche tra sdegno e accuse
L’ira politica non si è fatta attendere. Il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, Lucio Malan, ha parlato di una decisione incomprensibile e disastrosa. “Ancora una volta, la Corte d’Appello di Roma libera migranti irregolari che potevano essere rapidamente rimpatriati. Ancora una volta si rimanda tutto alla Corte di Giustizia Europea, ignorando che la Cassazione aveva già chiarito che questa è una competenza del governo. È evidente che alcuni tribunali italiani considerano irrilevanti le direttive della Suprema Corte. Sono profondamente sconcertato”.
Ancora più duro il commento di Igor Iezzi, deputato della Lega. “Non è una sorpresa. Per l’ennesima volta la magistratura blocca una misura necessaria e utile, apprezzata persino in Europa. L’Italia sta cercando di affrontare un’immigrazione fuori controllo e di garantire la sicurezza nazionale, ma c’è chi usa il proprio potere per ostacolare il governo, ignorando la volontà popolare”.
Dall’opposizione, la segretaria del PD, Elly Schlein, esulta e lancia l’affondo: “Giorgia Meloni si rassegni: i centri in Albania sono un fallimento colossale. Non funzionano e non funzioneranno mai. È scandaloso lo spreco di denaro pubblico per un’operazione inutile e illegittima. Parliamo di oltre un miliardo di euro che avremmo potuto usare per assumere infermieri e medici negli ospedali svuotati. Chiederemo un resoconto dettagliato di ogni centesimo speso in questa follia”.
Mentre la battaglia politica infuria, il destino dei migranti rimane in bilico. L’accordo con l’Albania, sbandierato come una soluzione rivoluzionaria, rischia di frantumarsi sotto il peso delle sentenze. Il governo è con le spalle al muro: continuerà a difendere il patto o dovrà ammettere la sconfitta? La prossima mossa spetta a Bruxelles. Ma il tempo stringe e l’incubo dei rimpatri si ripete.
Foto: stranieriinitalia.it