Si è appena concluso il Vertice del G20 di Roma, presieduto da Mario Draghi. Un anno di lavori a livello tecnico e politico, nel solco tracciato dalle “3P” – People, Planet, Prosperity – che hanno caratterizzato l’agenda della presidenza italiana. Il summit partiva in salita, a causa delle pesanti assenze di alcuni leader (Putin, Xi e il principe saudita bin Salman), ufficialmente per motivi legati alla pandemia ma che hanno avuto un innegabile significato politico. Ma cos’è stato raggiunto? Si potrebbe dire che questo Vertice G20, a differenza di altre edizioni davvero poco memorabili, abbia raggiunto alcuni importanti risultati. Eccoli:
- L’impegno di fare di più per accelerare sulla distribuzione dei vaccini a livello mondiale: se l’obiettivo del 40% entro fine anno preso a settembre dai Ministri della Salute del G20 è stato sostanzialmente raggiunto, i leader hanno rilanciato definendo un nuovo traguardo: 70% della popolazione di tutti i Paesi mondiali entro metà 2022. Un target alla portata, a patto che i Paesi donatori di vaccini tengano rapidamente fede agli impegni presi (ad oggi, complessivamente, solo il 40% delle dosi promesse si sono effettivamente trasformate in iniezioni);
- L’adozione di una global minimum tax del 15% sui ricavi prodotti dalle grandi multinazionali, che dovrà essere operativa entro il 2023. Una misura fondamentale per stabilire regole del gioco comuni, contrastare i paradisi fiscali, e disinnescare pratiche di concorrenza sleale. Ora bisognerà vedere se alle parole seguiranno i fatti;
- Una maggiore ambizione sulla lotta al cambiamento climatico: i leader G20 hanno adottato l’impegno per cercare di contenere il riscaldamento globale entro la fine del secolo di 1,5°C anziché di 2° come era stato previsto dall’Accordo di Parigi nel 2015, e di raggiungere la carbon neutrality entro la metà del secolo (senza però menzionare esplicitamente date come il 2050). Un viatico non eccezionale in vista di COP26, che inizia proprio oggi a Glasgow, ma che rappresenta probabilmente il miglior compromesso che si poteva ottenere in questo periodo. Il bilancio, tutto sommato, è positivo se teniamo presente la difficile situazione internazionale in cui si è svolto il summit. La contrapposizione tra Stati Uniti e Cina sarà un elemento caratterizzante a livello geopolitico nel prossimo decennio. L’importante è che le controversie possano essere canalizzate nell’ambito di fora multilaterali come il G20 che permettano quantomeno di fare “sintesi” sulle grandi questioni globali che riguardano il futuro del pianeta e alle quali – nessuno escluso – può sottrarsi.