SANTA SOFIA tornerà ad essere una moschea. Il Consiglio di Stato turco ha cassato, su precisa volontà del presidente Erdogan, la norma del 1934 voluta dal ‘padre della Patria’ Mustafà Kemal Ataturk che fece della celebre basilica un museo.
Questo perché da anni il ‘sultano’ turco sta spingendo in direzione nazionalistica esasperata la sua opera politica, ricorrendo spesso alle frange nazionaliste estremiste per avere appoggio politico. Una scelta che comunque ha già sollevato molte polemiche nei paesi ortodossi, ad iniziare dalla Russia, dalla Grecia e dalla Romania. Si attende anche una presa di posizione del Vaticano.
Bisogna tornare molto indietro nel tempo per capire quello che sta accadendo oggi. Santa Sofia è ubicata ad Istanbul, quella che era fino al 1453 Costantinopoli, la seconda Roma, capitale dell’Impero romano d’Oriente (o bizantino). Con la conquista turca il sultano Maometto II trasformò immediatamente l’enorme basilica in moschea. Fino al 1934, appunto, quando l’opera laica e modernizzatrice di Ataturk trasformò la moschea in museo, anche per venire incontro alle molte richieste del mondo ortodosso di ristabilire quantomeno una posizione neutrale della grande chiesa. Santa Sofia fu fatta erigere dal grande imperatore bizantino Giustiniano nel 532 dopo Cristo, quello che tentò, ed in parte ci riuscì, a riconquistare i territori dell’Occidente romano, compresa Roma, ai Goti, dopo una lunga e sanguinosissima guerra, narrata dallo storico del tempo Procopio. Isidoro di Mileto fu l’architetto scelto dall’imperatore per la costruzione della basilica, dedicata, appunto, alla Sofia, alla Sapienza di Dio. Santa Sofia divenne la sede del Patriarca di Costantinopoli e il luogo principale per le cerimonie imperiali dei reali bizantini, come le incoronazioni.
Nel corso dei secoli successivi la grande basilica subì più volte gli effetti della storia, del tempo e degli uomini: terremoti, guerre, conquiste, passaggi di mano, ristrutturazioni. Nel 1453 la città di Costantinopoli cadde in mano turche, ed ancora oggi fa parte della Turchia.
La decisione della 10/ma sezione del massimo tribunale amministrativo di Ankara è stata presa all’unanimità. I giudici hanno accolto il ricorso presentato nel 2016 da un piccolo gruppo islamista locale, l’Associazione per la protezione dei monumenti storici e dell’ambiente. Secondo le motivazioni rese note, l’edificio apparterrebbe a una fondazione religiosa che l’avrebbe eredito dal sultano ottomano Maometto II. Per i giudici sarebbe quindi illegittimo destinare il complesso a un uso diverso da quello allora definito di luogo di culto islamico.