Contagi in Sicilia e in Italia sempre più in aumento anche nelle scuole. A tal proposito abbiamo intervistato il professore Francesco Pignataro, dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo Statale “Alessio Narbone” di Caltagirone e reggente dell’Istituto di Istruzione Superiore Statale “Carlo Alberto Dalla Chiesa” di Caltagirone, per approfondire l’argomento.
Come avete affrontato l’emergenza nella vostra scuola?
“La nostra scuola ha lavorato durante l’estate, come altre scuole, adottando la soluzione dei banchi mono posto che garantiscono il distanziamento e abbiamo anche chiesto al MIUR ulteriori collaboratori scolastici, avendo più entrate e uscite evitando il concentramento. Abbiamo anticipato l’apertura della scuola a giorno 10 settembre testando il sistema e vedendo quali difficoltà si creavano. I ragazzi hanno collaborato benissimo. Ribadisco che i genitori a scuola non possono entrare se non dopo essere censiti e il sistema funziona se c’è collaborazione. Gli insegnati arrivano dieci minuti prima e i ragazzi hanno dieci minuti per entrare in classe senza il suono della campana, e il sistema sta funzionando. Abbiamo anche creato la nostra piattaforma digitale, in caso di chiusura totale, ma anche per gli studenti che dovessero subire un infortunio e non possono raggiungere la scuola hanno la possibilità di seguire la lezioni da casa attraverso video conferenza. Garantendo un canale parallelo anche per allerte meteo oltre che per il coronavirus, per cui automaticamente si possa entrare nella classe virtuale”.
Si potrebbe rischiare una nuova chiusura totale?
“Il rischio c’è perché le misure che sono dentro la scuola non sono all’esterno, in particolare nelle superiori dove i ragazzi viaggiano sui pullman a volte senza mascherine e hanno anche uno stile di vita diverso che coinvolge studenti e famiglie. Da noi alcuni insegnanti sono rimasti a casa perché hanno figli positivi. Bisogna adottare misure preventive. Se la situazione precipita, come sta accadendo, ogni cosa viene vanificata. Nella nostra scuola evitiamo che i ragazzi facciano ricreazione insieme e attività con altre classi. Stavamo andando bene poi in estate sappiamo cosa è successo, quindi bisogna rispettare le regole e prendere precauzioni anche quando siamo fuori”.
Si trova d’accordo sui Decreti emanati dal Governo in particolare sulla mascherina da tenere in classe per i bambini?
“La mascherina in classe non è sostenibile, i ragazzi hanno il distanziamento con i banchi e la utilizzano quando devono andare in bagno a turno, e metterla anche in classe tutto il giorno diventa eccessivo, anche perché il contagio molto spesso arriva dagli adulti. Per quanto riguarda le misure del Governo, l’Italia sta riuscendo a limitare, rispetto a altri paesi, i contagi. Ma a volte però, queste misure, portano confusione perché lo Stato emana una cosa e le regioni poi fanno altro, dovrebbero mettersi d’accordo per evitare confusione. Anche dal punto di vista sanitario alcune cose non stanno funzionando. Le asp sono intasate di telefonate a causa dei possibili contagi e il numero di richieste di intervento è esagerato. La medicina di base non sta funzionando, se un bambino viene colpito da un’influenza il medico non lo tornare a scuola se prima non fa il tampone, causando lungaggini. Da me ho avuto dei casi dove anche per un mal di pancia hanno richiesto il tampone, creando problemi anche ai genitori che non sono potuti andare a lavorare, venendo costretti a subire questa confusione. Molte situazioni che possono essere gestite a casa vengono inoltrate al pronto soccorso creando sovraffollamento. Bisognerebbe investire maggiormente sulla medicina di base come accadeva in passato”.
Previsioni da qui a qualche mese?
“Non sono epidemiologo ma se vedo le statistiche siamo alla situazione di aprile e non sono iniziate le influenze, pensando anche ai ritardi dei vaccini, dove le regione dovevano attrezzarsi prima. Per me questi ritardi porteranno con il passare del tempo a non capire se si tratti di influenza o coronavirus, sovraccaricando le strutture sanitarie. Questo è purtroppo il limite della nostra sanità locale”.
Pascal Desiato