Scuola, riunione urgente per decidere: “Possibile chiusura totale e alcune regioni hanno deciso”

L’appuntamento è per oggi pomeriggio alle 16,30 al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Da un lato, come riporta repubblica.it, del tavolo si sarà la ministra Paola De Micheli e dall’altro i rappresentanti di organismi vari celati dietro sigle che bisogna decifrare. Perché quando si parla di Covid bisogna, appunto, decifrare. Comunque a parlare con il ministro di cosa bisognerebbe fare per cercare di evitare assembramenti su autobus, metro, treni, pensiline, fermate cittadine o extraurbane ci saranno i rappresentanti dell’Asstra (Associazione delle aziende del trasporto pubblico locale), l’Anci, (Associazione nazionale comuni italiani), i rappresentanti della Conferenza regioni italiane e l’Upi (Unione province italiane). Province che sarebbero state abolite, ma sono ancora in vita. Tutti intorno al tavolo, come spiega una nota del ministero, dove “verrà compiuto un aggiornamento del monitoraggio periodico dei flussi dei passeggeri che utilizzano i mezzi pubblici e saranno analizzate alcune situazioni problematiche riportate in questi giorni sui canali social, relative ad assembramenti a bordo dei mezzi e all’interno delle stazioni”.

Il problema è serio perché sugli autobus e sulla metro salgono gli studenti che vanno a scuola. E dunque l’idea che viene caldeggiata da Giovanni Toti e Luca Zaia, governatori di centrodestra di Liguria e Veneto, è semplice: facciamo restare a casa i ragazzi che frequentano il quarto e quinto anno delle scuole superiori e così diradiamo le presenze e l’affollamento sui mezzi di trasporto pubblico. Per loro si prevede la Dda. Cioè la didattica a distanza. Un po’ in classe un po davanti al computer nel salotto di casa. “L’ho proposto io”, rivendica il governatore del Veneto.

E tutti gli altri sono d’accordo. Anche se poi rettifica un po’ e dice: “Non ho mai parlato di Dad tout court. Ho proposto una Dad alternata pensata in maniera organica che è diversa da quanto succede ora nelle scuole di molte regioni, non in Veneto, che non hanno aule a sufficienza. Deve essere tarata sul tema degli assembramenti e dei trasporti, garantendo una sensata alternanza alle ultime classi delle superiori con un impatto minimo sull’esperienza scolastica”.

Ma la ministra De Micheli non sembra d’accordo alle proposte dei governatori. “La scuola in presenza – dice – fa favorita con ogni mezzo. Non sono favorevole alla didattica a distanza”.

Gli altri governatori, quindi, sarebbero d’accordo. A esporre la proposta nella notte romana di Palazzo Chigi tocca al presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini. Ma il governatore dell’Emilia Romagna però non sembra molto convinto: “Dobbiamo fare tutto il possibile per mantenere la didattica in presenza. L’idea è stata ipotizzata legittimamente da alcune Regioni come rimedio estremo qualora il governo avesse deciso di ridurre la capienza attualmente prevista per i mezzi di trasporto pubblico. E io, come presidente della Conferenza, avevo il dovere di sottoporla al governo. Nella cabina di regia, però, il governo non ha neppure toccato l’argomento della Dad. E quindi la questione non si è posta”.

La questione non si è posta. Anche perché Nicola Zingaretti che è presidente del Lazio, nonché segretario del Pd, non la pensa proprio come Zaia: “Dobbiamo tutelare la scuola in presenza – dice – se dovessi dare una priorità a tutti i provvedimenti che riducono i rischi, ricomincerei con lo smart working negli uffici e tutelerei la frequentazione in presenza nelle scuole e nelle università. Svuoterei i mezzi pubblici diminuendo il flusso delle persone con lo smart working”. Un altro amministratore che siederà al tavolo del ministero, Antonio Decaro presidente dell’Anci, propone invece di scaglionare orari di entrate ed uscite da scuole e uffici.

A chi toccherà decidere? Al governo e al Consiglio dei ministri. Magari prima del 13 novembre, quando scadrà il Dpcm appena varato. E qui entrano in ballo gli esperi del Cts, il Comitato tecnico scientifico. Su loro indicazione, le norme in vigore dicono che sui mezzi pubblici ci possono stare fino all’80 per cento delle persone previste normalmente. Ma naturalmente il limite sembra essere largamente superato. E allora fa capolino l’idea di portare il limite al 50 per cento. Ma qui insorgono quelli dell’Asstra che fanno notare che, numeri alla mano, nelle grandi città si lascerebbero a piedi 275 mila persone al giorno.

Ma sarà così? L’assessore ai Trasporti del comune di Milano Marco Granell spiega che sui mezzi pubblici meneghini circola solo il 55, forse il 57 per cento dei passeggeri che viaggiavano prima del Covid. E che per un paradosso il momento di minore affollamento è proprio nelle ore di punta. E quando si parla di potenziare i servizi, cioè aumentare le corse si scoprono altri dati. A Roma, per esempio, nel 2019 circovavano 1458 vetture. Oggi sono scese a 1429. E allora, come in un eterno gioco dell’oca si torna al governo, al Dpcm prossimo futuro e alla concertazioni con le Regioni. Con l’idea di aumentare i controlli sui mezzi pubblici, di entrare e uscire da scuole superiori e luoghi di lavoro in modo scaglionato, rimodulare gl orari delle zone Ztl (Zone a traffico limitato). Oppure aumentare i mezzi a disposizione. Che però non ci sono. E quindi ecco tornare in pista Guido Bertolaso e la sua proposta: requisire quelli privati e metterli a disposizone della collettività.

Sempre comunque che Regioni, comuni e altri enti siano d’accordo. Perché c’è la Cabina di regia a Palazzo Chigi, gran cerimoniere il ministro Francesco Boccia. Ma come al solito qualcuno pensa di andare per conto suo. Nel bene e nel male. Il presidente della Giunta provinciale di Bolzano Arno Kompatscher, ha annunciato che nella sua giurisdizione non si applicheranno eventuali inasprimenti delle regole in vigore. Quelle che ci sono bastano e avanzano. Casomai si provvederà. Con un occhio ai tradizionali mercatini di Natale e alla stagione sciistica. Perché ha spiegato Kompatscher “i mercatini di Natale quest’anno di certo non saranno come sempre”. “Noi – ha fatto sapere – sulla stagione sciistica abbiano elaborato un protocollo che è stato inviato a Roma”. Perché “è auspicabile che le stesse misure vengano applicate in tutti i centri sciistici in Italia per evitare confusione”. Evitare cioè concorrenze sleali.

Sullo sfondo restà però un problema. Lo scontro, o il confronto, è sul trasporto delle grandi aree metropolitane e delle città. Ma cosa succede nei piccoli comuni e nelle aree dove la mobilità scolastica è affidata in appalto a ditte che molto probabilmente non fanno parte dell’Asstra? Quali protocolli e quali controlli si devono applicare in questo caso? E chi decide? Il Dpcm del presidente del Consiglio o le Regioni? E qui torna sempre al solito nodo: la confusione che regna sovrana nelle attribuzioni previste dal nuovo, si fa per dire, articolo 117 della Costituzione, varato nel 2001.