Parla Musumeci, Presidente della Regione Siciliana, a RaiNews24 sulla situazione dei contagi Covid in Sicilia ma, come riporta repubblica.it, quasi in contemporanea i dati del consueto monitoraggio curato dalla Fondazione Gimbe iniziano a farsi allarmanti. “In questa seconda fase, in Sicilia siamo in una condizione non allarmante rispetto ad altre regioni”, ha detto il governatore al canale all news diretto da Andrea Vianello. “Stamattina il nostro assessore alla Salute ha concordato con il sistema sanitario di fare i tamponi a tutti gli abitanti delle isole siciliane, circa 30 mila – ha aggiunto – Abbiamo acquistato due milioni di tamponi rapidi. Siamo nella consapevolezza di potere gestire questo momento”.
Ma la Sicilia con l’11,5% è la regione italiana con la maggiore percentuale dei casi di coronavirus ospedalizzati, una cifra nettamente superiore alla media nazionale del 6,6%, seguono la Liguria (10,4%) Lazio (9,9%), Puglia (8,9%), Piemonte (8,6%), Abruzzo (8,2%), Basilicata (7,9%). Lo rivela il monitoraggio della Fondazione Gimbe che sottolinea come “da fine luglio si rileva in Italia un incremento dei pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva, che sono aumentati rispettivamente da 732 a 3.625 e da 49 a 319 “.
“Se il dato nazionale – dice il presidente della Fondazione Nino Cartabellotta – non lascia intravedere alcun sovraccarico dei servizi ospedalieri, iniziano ad emergere differenze regionali rilevanti”. In particolare, al 6 ottobre ben 8 regioni registrano tassi di ospedalizzazione per 100.000 abitanti superiori alla media nazionale di 6,5: Lazio (13,9), Liguria (13), Campania (9,2), Sardegna (8,8), Sicilia (7,9), Piemonte (7,1), Abruzzo e Puglia (6,6).
Musumeci, pur ostentando sicurezza sostiene la stretta del governo sulla mascherina. “In Sicilia – ha spiegato sempre a RaiNews – abbiamo preceduto il governo di qualche giorno adottando un’ordinanza che prevede l’uso della mascherina anche nei luoghi aperti. Una misura sofferta, ma necessaria dato l’aumento dei contagi. Portare la mascherina, e averlo deciso anche a Roma, significa avere tutti la consapevolezza è il momento di passare da una fase di tolleranza a una di sanzione. Chiedo ai nove prefetti della Sicilia – aggiunge- di allertare e coinvolgere maggiormente le forze dell’ordine per più controllo ma anche per le sanzioni”.
“Con l’emergenza Covid dobbiamo convivere per uno o due anni e siamo convinti che occorre trovare una linea di sintesi con il governo. La linea più dura non la decide la politica, ma i numeri di questo maledetto virus. Nessuno può richiedere misure restrittive se non è il territorio a suggerire di farlo. Io ho istituito cinque zone rosse, non potevo non farlo: nessuno entra e nessuno esce. Serve un’azione severa, occorrono sanzioni pesanti che diventino davvero un deterrente. Purtroppo noto poco impegno da parte delle prefetture sul fronte sanzionatorio e della repressione”
“Occorre rassegnarsi: nessuno meglio dei presidenti delle Regioni conosce le realtà locali – ha poi ammesso -. Sentiamo il fiato della gente sulla nuca. Siamo d’accordo sul fatto che il governo centrale debba dare linee generali, ma è inevitabile che debba essere affidata ai governatori il compito di adottare di volta in volta misure appropriate nel territorio. Bisogna comprenderlo, senza creare tensioni tra governo centrale e Regioni. Il neocentralismo che qualcuno alla corte di Conte vorrebbe realizzare – conclude – è anacronistico e folle”.