Smishing e furti di identità; disarticolata associazione per delinquere nei reati di frode informatica

In provincia di Fermo e nel comune di Torre Annunziata (NA), i Carabinieri del Comando Provinciale di Roma con il supporto di quelli di Napoli e Fermo, hanno dato esecuzione ad un provvedimento di applicazione della custodia cautelare in carcere (emesso dal GIP di Ancona su richiesta della locale Procura della Repubblica) nei confronti di un uomo originario di Torre Annunziata, ma residente nelle Marche, ritenuto gravemente indiziato di essere il promotore di un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di numerosi reati di frode informatica commessi attraverso la tecnica dello smishing (la parola smishing nasce dall’unione di sms – short message service – e phishing – truffa informatica via mail).

Perché, di fatto, cambiano le piattaforme e i device utilizzati per il tentativo di frode, ma l’obiettivo è sempre lo stesso: «utilizzare messaggi di testo fraudolenti per estrarre dati finanziari degli utenti a fini di furto di identità»). Contestualmente sono state eseguite perquisizioni personali, domiciliari e informatiche nei confronti di quattro persone indiziate di essere appartenenti al sodalizio in esame, tutti iscritti nel medesimo procedimento penale.

Le indagini sono state avviate a seguito della denuncia presentata da un cittadino romano, a cui sarebbero stati asportati circa 27.000,00 euro dal conto corrente. Le successive indagini, condotte dai Carabinieri della Sezione Cyber Investigation del Nucleo Investigativo di Roma e coordinate dalla Procura della Repubblica di Ancona, attraverso sofisticate tecniche di digital forensics, hanno consentito di ricostruire la tecnica criminale utilizzata del sodalizio ed individuarne i componenti.

Il sodalizio operava inviando tramite SMS comunicazioni alle loro vittime, spesso scelte in maniera casuale, facendo credere che arrivassero dai rispettivi istituti di credito, e con le quali venivano invitate ad accedere al proprio conto on line ovvero contattandole telefonicamente fingendosi operatori bancari. Una volta carpite le credenziali di accesso, veniva prelevato dai conti il denaro riversandolo su conti correnti intestati a persone compiacenti, a cui poi veniva lasciata una percentuale (solitamente circa il 15%) del maltolto, come rimborso per il “disturbo”.

Le indagini hanno consentito di accertare, finora, almeno 19 reati – commessi in tutta Italia – per un totale stimato in almeno 280.000,00 euro.

Durante le perquisizioni, eseguite nelle Marche e in provincia di Napoli, sono stati rinvenuti 16 mila euro in contanti e dispositivi elettronici ed informatici su cui i Carabinieri della Sezione Cyber Investigation del Nucleo Investigativo di Roma effettueranno ulteriori accertamenti.

È doveroso precisare che si è ancora nella fase delle indagini preliminari e che i soggetti in questione devono considerarsi non colpevoli sino alla condanna definitiva.

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