La povertà è una condizione in continua trasformazione. Ci sono vari tipi di povertà, oltre a quella economica: alimentare, relazionale, estrema. Ma qui, oggi, vogliamo parlare di una povertà diversa, ancora più astratta e quasi spirituale:
La Povertà culturale tra i giovani
Sembra un controsenso, ma è un’amara quanto drammatica realtà. Nell’era della comunicazione in tempo reale resistono, e in alcuni casi tendono addirittura ad aumentare, la povertà culturale e la povertà educativa.
La povertà educativa è così definita da Save the Children :
“ la privazione, per i bambini e gli adolescenti, delle opportunità di apprendere, sperimentare, sviluppare, e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni (Save the Children, 2014). “
L’Agenda ONU 2030, tra i suoi 17 obiettivi, mette al primo posto “Porre fine alla povertà in tutte le sue forme”, compresa, quindi, anche la povertà culturale ed educativa.
Il concetto viene meglio esplicitato dall’obiettivo 4 :
” Offrire un’educazione di qualità, inclusiva, e paritaria e promuovere le opportunità di apprendimento durante la vita per tutti”.
Per definizione, un soggetto è in condizione di povertà culturale quando il suo diritto ad apprendere, a formarsi, a sviluppare capacità e competenze, a coltivare le proprie aspirazioni e talenti è disatteso o compromesso.
Come si vede, quindi, non si tratta solo del diritto allo studio, ma della mancanza di opportunità, siano esse connesse allo studio, al gioco o alle attività sportive. In generale, si tratta di tutte quelle opportunità in grado di incidere sullo sviluppo e sulla crescita del minore.
La situazione italiana
In Italia, il 12,5% dei minori di 18 anni vive in condizioni di povertà assoluta. Facendo riferimento alla classe di età, l’incidenza di povertà assoluta si attesta al 14,2% (poco meno di 1,4 milioni) fra i minori; all’11,1% fra i giovani di 18-34 anni (pari a 1 milione 86mila individui).
La generazione dei giovani di oggi è stata definita “sprecata”, ma non è certo loro la responsabilità, bensì delle generazioni precedenti, delle Istituzioni, infatti, è compito istituzionale della scuola mettere in atto interventi mirati al contrasto o, almeno, alla minimizzazione dei casi di povertà educativa e culturale presenti al suo interno. E non sono pochi. Risulta quindi, con assoluta certezza, molto più facile addossare tutta la colpa al ragazzo che non studia, non si impegna, è sempre distratto e così via.
Ben più difficile, ma sicuramente più etico e più gratificante, impegnarsi per fare in modo di dare a tutti le stesse possibilità e le stesse opportunità.
In conclusione, sembrerà un cliché, ma non ci sono più i giovani di una volta.
I giovani di oggi sono vuoti, spenti, scarichi. Non hanno stimoli, iniziative, guizzi di immaginazione. Non possiedono riferimenti culturali e incontrano una grande difficoltà a costruire un pensiero critico. Nutrono sfiducia verso la politica. Vivono nella più totale incertezza economica. Non riescono appunto a costruirsi un’identità, un senso di appartenenza. Ma l’identità si forma attraverso le risposte che riescono a dare all’incertezza. E l’incertezza di questi tempi è tanta. In questo clima di precarietà esistenziale, i giovani potrebbero essere stimolati a cercare le certezze non più fuori, ma dentro di sé. Dentro il loro sconfinato e luminoso universo, pieno di ricchezza, straripante di vita!