Superlega. L’ex premier Conte si scaglia contro l’élite del calcio

Il giudizio spietato dell’Ex premier Conte sulla Superlega

Giuseppe Conte non ce l’ha fatta a rimanere in silenzio sulla vicenda che sta infiammando gli animi degli sportivi, e più specificamente di chi segue il calcio.
L’ex premier ha scritto il suo commento sulla sua pagina Facebook, in un post dal titolo emblematico che val la pena di riproporre a beneficio di chi non lo avesse notato in rete.

Non è solo questione di calcio

Oggi tanti appassionati di calcio si trovano spaesati, amareggiati. Immagino alcuni anche arrabbiati. Di sicuro si sentono depredati del sogno più bello che lo sport riesce a disseminare in ogni angolo del pianeta: la possibilità che la propria squadra del cuore – non fa niente se piccola, priva di blasone e con scarsi mezzi finanziari – possa sovvertire i favori dei pronostici e riuscire a prevalere su un prato verde, come fu per Davide contro Golia.

I campi di calcio, da quelli di terriccio nascosti in periferia fino ai grandi palcoscenici mondiali, sono motore di cambiamento e di aggregazione, fonte di speranza e di tante legittime aspirazioni per i giovani, sia che vivano nei grandi centri urbani sia che vivano in paesini in cerca di riscatto. Ma lo sport, prima di tutto, è strumento di inclusione e fattore che cementa le relazioni umane.

Non viviamo fuori dal mondo e siamo consapevoli che, a certi livelli e in certi settori, anche lo sport diventa business, per cui si coagulano interessi economici che impongono di rendere pienamente sostenibili gli investimenti fatti. Ma la remunerazione degli investimenti va cercata rispettando i valori alla base dello sport, non stravolgendone completamente il significato.

Chi oggi lavora per realizzare il progetto della Superlega e persegue una logica elitaria che prescinde dalla qualità del gioco, dal merito sportivo e dallo spirito di solidarietà, sappia che ci vedrà caparbiamente “contro”, come appassionati di calcio e come sportivi.

Chi uccide il principio di una sana e aperta competizione sportiva per abbracciare ciniche ragioni contabili, si assume il grave rischio di spegnere la magia del calcio e la passione che esso suscita, perché come ha osservato Papa Francesco “dietro a una palla che rotola c’è quasi sempre un ragazzo con i suoi sogni e le sue aspirazioni”.

Perché ha ragione Conte

Il giudizio di Giuseppe Conte non lascia spazio a transigenti mediazioni. Un’atto d’accusa all’indirizzo di chi ricerca un tornaconto, evidentemente facendo leva sul potere che il gruppetto elitario dei “professionisti del pallone” è in grado di esercitare.
Il mondo del calcio con la sua evoluzione negli anni, ci ha costretti a rivedere di volta in volta i nostri atteggiamenti e sentimenti.

Abbiamo accettato, seppure con malcelato stupore, il “mercato” crescente degli “stipendi” da sceicchi, l’impressione degli sponsor sulle maglie, i diritti sportivi. Ci siamo lasciati travolgere dal turbine inarrestabile della commistione tra sport e business, che è avvenuto proprio come nella metafora della “rana bollita” di Noam Chomsky.

Ora il calcio proietta se stesso in un nuovo universo, ancora più alto dell’essenza stessa del gioco, divenendo la proiezione del “gioco dei più grandi”, di quelli che possono.
Quale risposta avranno questi architetti del profitto, dalla platea dei tifosi, da chi segue questo avvincente gioco, da chi proprio non può esimersi dal guardare la propria squadra? Le attese sono scontate, ma forse poi, non così tanto. Chissà che in un moto di comune sdegno molti fruitori dello spettacolo del calcio giocato, non decidano di girare la testa altrove.

Sarebbe un segnale importante, sarebbe addirittura un recupero di dignità, di rivolta contro chi ci vorrebbe semplici clienti dello spettacolo più bello del mondo.

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