Violenza di genere e disagio psicologico
Più della mia vita è un pugno nello stomaco: diretto, secco, disarmante, come la violenza fisica e psicologica che ogni giorno tante donne – troppe! – continuano a subire ingiustamente e inspiegabilmente. Ambientata settanta anni fa, in una Roma in cui il manicomio di Santa Maria della Pietà era meta finale di qualunque
tentativo di ribellione, l’opera portata in scena sul palco del teatro di Villa Lazzaroni da Lucia Ciardo ed Elisa Mascia, con la regia di Gabriella Praticò, urla una realtà amaramente attuale.
Un separé tinto di nero, così da perdersi nello sfondo della scena di Lina Zirpoli e Giovanni Valgimigli, diventa nodo di scambio tra le esistenze di Anna e Maria, compresenti sul palco ma non comunicanti fino a quando uno sparo non le renderà consapevoli l’una dell’altra, ma altrove. Trait d’union della messa in scena delle due vite diverse, la poliedrica interpretazione di Gigi Palla – padre, marito e suora – che veste e sveste, al ritmo delle urla di rabbie diverse, i panni dei personaggi che si alternano dietro il separé, al tempo stesso filtro edulcorante della violenza sentita ma non vista.
Sarà Gigi Palla, nei panni della suora, a portare, con un geniale escamotage, lo spettatore dagli interni delle abitazioni delle due donne a quello della sterile stanza del manicomio. Qui, con un salto temporale svelato solo alla fine e un colpo di scena disorientante, Anna e Maria diventeranno amiche, pur diverse nei caratteri ma simili nella sofferenza.
Uno spettacolo profondo e potente, in grado di graffiare l’anima nella sua essenzialità. Le due attrici hanno fatto proprio, facendosene testimoni, il dolore di tutte quelle persone – non solo donne – che devono fare i conti regolarmente con abusi e soprusi. Violenza e disparità di genere, ma non solo: Più della mia vita è anche uno spaccato sulle debolezze psicologiche e su come queste vengano affrontate, oggi come ieri. Commovente.