Chiamato per la prima volta a vestire i panni dello schiavo plautino, l’attore romano sarà in scena al teatro Arcobaleno di Roma dal 1 al 17 dicembre, con un adattamento dell’opera classica del regista Nicasio Anzelmo, in una produzione del Centro Teatrale Meridionale.
Sul palco, al suo fianco, Giovanni Carta e Fanny Cadeo, con Franco Sciacca, Giovanni Cordì, Paolo Ricchi e Gabriele Tuccimei.
“Dopo aver sperimentato tanto, da Goldoni a Molière, dal Cirano di Rostand al Liolà di Pirandello in versione romanesca, oggi mi confronto con un testo di oltre duemila anni – racconta Pietro Romano – La forza del testo latino mi ha fatto riflettere su come l’uomo, in realtà, non sia mai cambiato con il passare dei secoli. Anche nel 191 a. C. si parlava dell’essere umano, dei suoi pregi e dei suoi difetti, con tutte le debolezze e le insicurezze: oggi, come ieri, si inciampa e si cade sempre sulle stesse tentazioni, perché continuiamo a essere fatti di organi, sangue e cartilagini.”
Non mancheranno però le innovazioni rispetto al testo originale: “Il regista ha già fatto capire che ognuno potrà mettere del suo – dice sempre il protagonista, vincitore a luglio di quest’anno del Premio Nazionale Cinematografico Gina Lollobrigida e nel 2021 del Premio Facce da Spot – questo spettacolo può essere tutto e niente, può avere una linea e non averla; sarà un’esperienza sorprendente anche per noi, aperti a prendere di volta in volta gli spunti diversi che ogni personaggio saprà offrirci”.
Pseudolus è l’opera di un autore maturo, ormai saggio, che fa trionfare l’amore su tutto.
Anche Pietro Romano non ha dubbi: “Lo schiavo non sa come andrà a finire ma si convince talmente tanto che alla fine riesce nel suo intento. E ce la fa perché ama il proprio padrone con la stessa fedeltà che solo un cagnolino potrebbe provare. Bisogna sempre essere innamorati, anche quando ci si rimette, perché solo così si può provare tutto. Pseudolo è un personaggio che ama, in assoluto, senza chiedere niente cambio, se non la libertà”.
“La forza di questo genere di commedia è nel rapporto che si ha con lo spettatore, perché si apre una finestra sul pubblico – aggiunge Pietro Romano – Il teatro ha il grande potere di mettere in vita le parole e farle diventare voce, espressione, presenza; aiuta la comprensione degli esseri umani e del tempo che passa. Leggere un testo scritto non ti dà la stessa forza: è come prendere un bambino e metterlo sulle spalle per fargli vedere il mondo da una prospettiva più ampia. Il teatro apre a mondi nuovi e sconosciuti, offrendo al pubblico un attore a trecentosessanta gradi”.
Ed ecco perché, oggi più che mai, il teatro andrebbe aiutato e sostenuto, in modo da poter continuare a offrire quelle visioni diverse e divergenti che permettono di far evolvere chi guarda e ascolta, soprattutto emotivamente.