Un anno difficile per le società sportive: Il “calcio” al Covid

Gianni Aprea

Gianni Aprea è il Responsabile Organizzativo dei centri federali territoriali del Lazio della FIGC (CFT), in cui vengono allenati i ragazzi delle società dilettantistiche e le ragazze delle società  professionistiche. Dal 18 gennaio è ripartita la loro ( parziale ) attività. Lo abbiamo intervistato per scendere in una delle realtà della nostra collettività e capire quante/ quali difficoltà la crisi della pandemia ha portato. Tramite la descrizione della loro realtà particolare calcistica si può capire meglio il disagio universale economico e umano che ha investito il mondo ormai da marzo 2020.

Gianni racconta che prima del covid-19 la situazione era ovviamente normale: giocavano tutti, dilettanti e professionisti, dalla serie A fino alla terza categoria. La domenica si giocavano le partite e durante la settimana c’erano gli allenamenti. È chiaro che la pandemia ha traumatizzato e bloccato tutti gli sport, non solo il calcio. A livello sociale è un grosso pericolo, specialmente per i ragazzi che potevano trovare un conforto uscendo e praticando un’attività sportiva. Adesso invece la maggior parte delle nuove generazioni sta a casa davanti al computer ed è un grosso problema. Stanno subendo una mancanza incolmabile, hanno saltato le tappe e dal punto di vista sportivo questo non può essere che un incolmabile deficit. Arrivano senza la preparazione idonea che avrebbero avuto se avessero frequentato regolarmente gli allenamenti e senza le competenze acquisite nel livello precedente.

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Bisognerebbe trovare una soluzione che permetta ai ragazzi di recuperare in qualche modo. Dal 18 gennaio sono ricominciate le attività nei loro centri federali per i professionisti, attività a carattere nazionale; per i dilettanti invece, almeno fino al 5 marzo, quando scadrà l’ultimo DPCM, la sosta è prolungata. Bisognerà aspettare le decisioni del ministero dello sport per capire come si dovrà procedere. Per ora si possono solo allenare a distanza: quindi senza partitella, e senza tutte le attività di condivisione che rendono un allenamento completo. Le categorie minori sono lasciate allo sbando comportando per loro un insormontabile problema economico.

Per le società di serie A e serie B ovviamente non è un grosso disagio far tamponare i giocatori.  Infatti con tutta l’attenzione dell’opinione pubblica verso le loro attività, le dirette televisive e il business delle pubblicità, non è un segreto che per loro non esistono problemi economici di ogni sorta. I dilettanti invece perdono tanti soldi, a cominciare dalle scuole calcio.

Chi ha la scuola calcio, non facendo attività, non può chiedere la quota mensile e in questo modo si perdono gli essenziali sponsor. Il 90% degli sponsor è rappresentato essenzialmente da bar e ristoranti che, essendo chiusi, non possono sponsorizzare queste scuole calcio.

La situazione è precaria ed è un circolo vizioso di svalutazione economica e sociale non solo per lo sport, ma per l’intero mondo lavorativo. Il buonsenso, si sfoga Gianni,  deve avere sempre la meglio e potrebbe essere l’unica arma vincente. Sarebbe importante avere questa consapevolezza come cittadini: ogni volta che facciamo qualcosa dovremmo pensare di poter far male a qualcuno; cerchiamo di utilizzare tutti gli accorgimenti possibili/necessari e probabilmente anche nel calcio dilettantistico qualcosa potrebbe risolversi.

L’unica speranza, per Gianni, è riposta nel vaccino.

Il goal decisivo che vincerebbe la partita contro il covid-19.


Pubblicato su “I FATTI area metropolitana” edizione di Marzo 2021 – Pag.2


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