Il 4 di marzo 2023: una data molto importante
Questa data è di quelle che verranno difficilmente dimenticate perché è tra quelle che senza esagerare costituiscono l’inizio di un nuovo periodo di cambiamento per la storia del nostro pianeta, infatti in questo giorno è stato siglato un Trattato storico all‘Onu, il primo trattato internazionale a protezione dell’alto mare, quello che a oltre 200 miglia nautiche dalle coste esula dalle giurisdizioni nazionali e rappresenta i due terzi degli oceani, costituendo un ecosistema vitale per l’umanità. “La nave ha raggiunto la riva”, ha annunciato la Presidente della Conferenza Rena Lee, tra i lunghi applausi dei delegati. Si è pervenuti all’accordo, dopo 15 anni di trattative, di cui 4 di negoziazioni formali e una lunga discussione finale di 48 ore al Palazzo di Vetro. Il testo che è stato approvato dai Paesi membri passerà la trafila degli uffici legali, poi verrà tradotto nelle 6 lingue adottate dalle Nazioni Unite, e poi dovrà essere ratificato da un numero sufficiente di Paesi.
Il mare questo ‘grande malato’
Quando pensiamo al mare nel nostro ‘immaginario collettivo’ abbiamo la visione di qualcosa di grande, e ne sono evidenti anche le nostre espressioni del linguaggio su di esso, e allo stesso tempo lo vediamo come un ‘elemento inattaccabile’, ma tuttavia ciò che ci fa pensare a questo è solo la non sufficiente conoscenza dei problemi che affliggono questo ‘Quinto Continente’ così importante per la nostra sopravvivenza. Le attività umane, infatti, hanno determinato un’alterazione dei cicli biologici dell’ambiente marino, che in un periodo relativamente breve, meno di un secolo, hanno messo a rischio quello che per millenni è stato un habitat che ha trovato in se stesso i propri principi di autoregolazione. Lo scarico in mare di scorie industriali, la perdita di prodotti petroliferi nel trasporto dei carburanti, tramite petroliere sempre più grandi, la stessa navigazione sempre più estesa, la pesca industriale e intensiva, che non tiene conto dei periodi di ripopolamento delle risorse ittiche, e l’accumularsi delle plastiche nelle acque, che persistono per secoli, e sono nocive ai pesci e al loro ambiente e poi per effetto boomerang entrano nella catena alimentare e poi sono nocive anche agli uomini.
Un Accordo per curare il mare
I Paesi che hanno firmato l’ Accordo hanno accolto l’intesa come una svolta storica e decisiva per l’attuazione dell’impegno “30×30” preso alla Conferenza Onu sulla biodiversità, per proteggere un terzo dei mari (e delle terre) entro il 2030 . Quindi questo trattato costituisce un grosso impegno considerando che la data del 2030 non è molto lontana. Senza il trattato, questo obiettivo non sarebbe stato possibile raggiungerlo, infatti non esistevano meccanismi legali per creare aree protette marine (Mpa) nelle acque internazionali difendendo la fauna e condividendo le risorse genetiche. Benché rappresenti i due terzi degli oceani e quasi la metà del pianeta, l’alto mare è stato a lungo ignorato nelle battaglie ambientali, a vantaggio delle zone costiere e di qualche spazio particolare. Ma poi è divenuta primaria la necessità di proteggere gli oceani nella loro interezza perché producono la metà dell’ossigeno che respiriamo e rappresentano il 95% della biosfera del pianeta e limitano il riscaldamento climatico assorbendo anidride carbonica. Quindi il problema della cura degli oceani rappresenta una funzione importante nel quadro della difesa dell’ambiente e per i benefici che può portare alla popolazione del pianeta.
I commenti di molte voci allo storico Accordo
“Una vittoria per il multilateralismo e per gli sforzi globali per contrastare le tendenze distruttive che minacciano la salute degli oceani, oggi e per le generazioni a venire”, ha commentato il Segretario Generale dell’Onu Antonio Guterres. Plauso pure da parte della Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, “Una buona notizia anche per l’Italia”, hanno commentato il Ministro per le Politiche del mare Nello Musumeci e il Ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, invitando ora ad un maggiore impegno contro l’inquinamento del Mediterraneo. “È una giornata storica per la conservazione e un segno che in un mondo diviso la protezione della natura e delle persone può trionfare sulla geopolitica”, ha commentato Laura Meller, di Greenpeace.