Una storia di Monterotondo.” Buon compleanno Aldo! “

Una storia di Monterotondo

” Buon compleanno Aldo! “

Abbiamo ascoltato tante volte il racconto di chi ha vissuto quella drammatica giornata del 9 settembre del 1943 a Monterotondo, di quella battaglia, che seguì immediatamente l’Armistizio firmato il giorno precedente tra il Governo Italiano e gli Alleati, comunicato per radio dal Maresciallo Badoglio al quale seguì la dura reazione dei tedeschi.

Una notizia inaspettata

La voce di Badoglio diceva: “La guerra è finita!” Tutti come per magia e nello stesso tempo ascoltarono con attenzione dalla radio quelle parole, così precise, così determinate, interrompendo per un momento le occupazioni nelle quali erano intenti.

La notizia era inaspettata, ed ora aveva il carattere di una realtà nuova e tutti presagivano un cambiamento radicale della loro vita, anche se quelli erano stati tempi così difficili e qualcosa di positivo era difficile da potersi immaginare.

Il papà Natale

La mattina del 9 settembre a Monterotondo il piccolo Aldo si era svegliato anzitempo, viveva anche lui quell’eccitazione che aveva preso un po’ tutti, ed aveva anche ragione di voler vivere quella giornata in maniera speciale, era il suo compleanno e poi ieri, dopo molti mesi aveva riabbracciato il suo papà Natale, per tutti Natalino, sottufficiale di Marina di stanza a Taranto.

Il giorno prima era stato un giorno di abbracci e di effusioni, Natalino, felice di essere ritornato a casa dopo molto tempo, era uscito con tutta la famiglia, la moglie Irene, il figlio Aldo e il più piccolo di casa Gianfranco che aveva tre anni.

Una insolita movimentazione pervadeva la piazza del Duomo, l’idea di una stagione più tranquilla dopo i nefasti tempi della guerra aveva portato i cittadini a uscire dalle case, erano sorrisi, discorsi e progetti e un desiderio appena esternato di una vita sociale più partecipata.

Natalino salutava e veniva salutato, incrociava parenti e amici, non aveva avuto il tempo di cambiarsi, ostentava la sua divisa della Regia Marina, divisa che portava anche nel suo cuore. All’improvviso incontrò un amico che gli disse concitato: “Natalino, torna a casa, togliti questa divisa, nascondila anche, è pericoloso, non andare in giro così, ci hanno detto che la guerra è finita ma…”

Aldo

Quella mattina del 9 settembre del 1943, Aldo appena alzato aveva imbracciato la fisarmonica, dono dei suoi genitori per un suo compleanno di alcuni anni prima; era bravino a suonarla, la suonava ad orecchio, conosceva tanti motivetti, li aveva imparati ascoltando alla radio le orchestre e i cantanti allora in voga.

Anche il giorno precedente stava imparando un motivetto, quando la voce solenne del Maresciallo Badoglio aveva interrotto le trasmissioni, poi si era visto accanto la mamma Irene contenta che gli diceva: “tra poco papà torna a casa”, e la mamma gli disse ancora: “lo vedi Aldo, questo è proprio un bel regalo per il tuo compleanno

Quella mattina del 9 la signora Irene Corona, disse ad Aldo di andare nella latteria della signora Maria, in via Cesare Battisti n. 7, all’angolo con quella piazza che da sempre tutti chiamavano dell’Orologio, la mamma gli aveva promesso che gli avrebbe fatto ‘la crema’, e già a sentirlo Aldo aveva “l’acquolina in bocca”.

Abitavano in via Oberdan al n. 11, accanto in un locale di loro proprietà al n.13 c’era il ’carbonaio’; Aldo allora passò accanto il negozio di Verardo che quella mattina era ancora chiuso, non si trattenne dal guardare attraverso le vetrine le paste esposte e i vassoi pieni di caramelle e liquirizie a forma di ‘pescetti’, e in quel momento pensò che sicuramente in quel giorno che per lui era speciale, i suoi genitori gli avrebbero fatto la sorpresa di un bel gelato.

Eccolo adesso nella latteria, e mentre aspettava il suo turno, Aldo, sentiva a più riprese distrattamente spezzoni di discorsi, parlavano del Re, della Regina, dei Ministri, dei Carabinieri e come” era lungo il corteo!”

I discorsi che Aldo aveva distrattamente ascoltato si riferivano ai fatti accorsi nelle primissime ore di quella giornata, fatti adesso a noi già noti, che in quella giornata erano solo supposizioni o fatti che venivano riportati da qualche testimone.

La famiglia reale

Era successo che dopo l’Armistizio, il Re con tutta la sua famiglia, con i componenti del Governo e della Corte, dopo aver pernottato nella notte tra l’8 e il 9 di settembre presso il Palazzo Ursini a Monterotondo, che allora era la sede del Quartier Generale delle Forze Armate Italiane, si erano mossi nelle prime ore del giorno verso Pescara, dove si sarebbero imbarcati alla volta di Bari.

Di lì a poco quell’evento così marginalmente notato dagli abitanti di Monterotondo avrebbe avuto effetti drammatici nella vita degli abitanti di Monterotondo, e anche Aldo sarebbe stato un protagonista e un testimone di quella giornata.

Aldo con la bottiglia di latte in mano e la voce di mamma Irene nell’orecchio:” Attento Aldo, non far cadere la bottiglia per terra”, si avviava verso casa, poi fermandosi vide il cielo coperto da mille palloncini bianchi, che spettacolo meraviglioso! I palloncini sembravano salire e scendere, e andare chissà dove, quindi, affrettò il passo voleva dirlo ai suoi genitori.

Natalino. Irene e il piccolo Gianfranco, la sua famiglia, erano sull’uscio di casa, lo stavano aspettando nervosamente: “Aldo, Aldo, scappiamo, qui ci ammazzano dobbiamo andare via!”.

La guerra in città

Così il sogno di quei ‘meravigliosi palloncini’ svanì, i paracadutisti tedeschi erano già al Giardino del Cigno, e sparavano un po’ in tutte le direzioni, piovevano calcinacci, bisognava scappare, andare via, ripararsi in un posto sicuro. Natalino prese sotto il braccio il piccolo Gianfranco, e per mano Aldo, tutta la famiglia si diresse verso la ‘legnaia’ del Palazzo Ursini, il luogo dove venivano riposti i tagli del legname degli alberi del Bosco di Gattaceca, che poi venivano gratuitamente dati agli abitanti di Monterotondo per le necessità della famiglia.

La via Oberdan, che da sempre a Monterotondo veniva chiamata ‘ via Felice’, forse per via di un famoso Felice Ursini, non era lunga tutt’altro, ma doverla percorrere schivando i colpi è un’altra cosa, già per terra si vedevano tante persone accasciate, macchie di sangue ovunque, più in là il Forno Monni, ” poi siamo al riparo”, disse Natalino.

Un posto sicuro

Lungo la strada si aprì la porta di un ‘tinello’, come chiamano a Monterotondo i locali dove si conservano i tini e le botti con il vino, a volte locali sotterranei, e Natalino vedendo dei conoscenti pensò di lasciare Aldo li, era rischioso andare insieme: ‘Tenetelo voi, poi passo a prendermelo’.

Aldo passò molte ore di quella giornata nel fitto buio di quella grotta rischiarata a tratti dalla fiamma di una candela. Quando gli eventi sono così repentini a volte non c’è neanche il tempo per pensare ed aver paura, in quella giornata una signora regalò ad Aldo una mela, questo fu il suo pranzo.

Aldo passò tutta la mattinata e parte del pomeriggio in quella grotta, la grotta era grande, da via Oberdan passava sotto ‘il Pincetto’ ed aveva una porta in corrispondenza della piazza del Duomo, e si sentiva il vocio di chi da questa parte voleva accedervi o di chi cercava qualche familiare.

Aldo era ignaro di ciò che succedeva fuori, poi i suoi genitori glielo racconteranno: ad una delle finestre di Palazzo Ursini Francesco Toparelli sparava col fucile sui paracadutisti tedeschi, i quali invano cercarono di neutralizzarlo, poi questi lanciarono due bombe dalla porta laterale della ‘legnaia’ e fu una vera strage, i genitori di Aldo si salvarono.

Fine dei combattimenti

Nel pomeriggio Aldo venne prelevato dalla grotta dai suoi genitori. Lo scenario che si presentò ai loro occhi fu estremamente cruento: corpi senza vita e sangue dappertutto. In quel frangente Aldo notò che la sua mamma Irene, in quel breve arco della giornata, aveva mutato il colore e la consistenza dei suoi capelli. Ora erano tutti ritti e crespi e di color bianco.

La lunga giornata di Aldo non era terminata, il suo papà Natalino lo affidò a Michele Bernardi, detto ‘ Michelino’, un suo amico che abitava nei pressi della loro casa.

‘Michelino’, che di lavoro faceva il macellaio, in quell’anno era il Signore della Festa e come si usa a Monterotondo teneva nella sua casa la statuetta di Sant’Antonio Abbate, oggetto di culto e di preghiera. In quella casa le preghiere dei presenti erano rivolte al Santo al quale si chiedeva più di ogni altra cosa di poter sopravvivere a quel drammatico momento.

“Buon Compleanno Aldo!”, dissero a un certo punto i padroni di casa, sorridenti porgendogli qualche dolcetto, era importante anche per loro, nonostante tutto, concludere quella giornata con una nota positiva, e Aldo fu contento di questo inaspettato festeggiamento.

Sono passati tanti anni il ricordo di quella giornata è rimasto così vivo nella memoria di Aldo Corona, che anche oggi ne fa narrazione.