Con il Covid-19 il volontariato subisce un duro colpo
Necessario ripensare nuove formule
Di fatti, una conseguenza diretta della necessità di ridurre il più possibile la probabilità di contagio, è stata la limitazione dei contatti fisici.
Ed è proprio a questo cambiamento che è ascrivibile il bisogno di ripensare il volontariato, di rielaborarne le forme di espressione.
In una sfera nella quale è sempre stata immancabile la prossimità, intesa come precondizione sostanziale per il tentativo di aiutare l’altro, è facile immaginare come sia stato imprescindibile modificare le modalità di erogazione di quello che è uno tra i più importanti servizi offerti dalla comunità per la comunità.
L’analisi
Da un’analisi effettuata dal Centro di servizio per il volontariato di Milano emerge come, di fronte alla carenza di fondi, alla penuria di dispositivi di protezione e alle oggettive difficoltà nella mobilità determinate dalle disposizioni governative, ci sia stata una battuta d’arresto dell’attivismo cosiddetto formale.
Tuttavia, nel report in questione viene mostrata anche l’altra faccia della medaglia:” La scossa emotiva generata dall’emergenza sanitaria ha spinto molti cittadini verso azioni di solidarietà e di sostegno reciproco, tra cui molte iniziative spontanee e individuali.”
Questo dato permette di evidenziare come la solidarietà umana sia propensa ad alterarsi e ad adattarsi all’insorgere di nuove esigenze. Una solidarietà multiforme, quindi, che, con la creatività e originalità dei suoi fautori, è rimasta un appiglio solido soprattutto in un periodo di emergenza come quello che abbiamo vissuto e stiamo vivendo.
Un dato che, nel report milanese, viene definito espressivo della “capacità del Terzo settore di capitalizzare le proprie relazioni per strutturare poi dei servizi in un contesto di emergenza-urgenza come quello causato dalla pandemia”.
In generale, si può parlare di un’attività che ha mirato ad attutire uno degli effetti di maggiore rilevanza e diffusività causati dal covid: la solitudine. Di conseguenza, se si volesse descrivere l’operato di questi enti, si potrebbe ricorrere al seguente slogan: “Il volontariato che non lascia soli”.
Solidarietà nella solidarietà
Una frase che conferma il ruolo primario del volontariato e, cioè, “quello di stare accanto alle persone, anche se confinate tra le mura di casa”.
“I Volontari hanno assicurato i servizi di prima necessità, dal portare la spesa e i farmaci, all’accompagnare le persone con i trasporti sociali e sanitari”, ha affermato Maria Rita Dal Molin, Direttrice del Centro di Servizio per il Volontariato della provincia di Vicenza.
“Li trovavi fuori dagli ospedali ad assicurare le distanze, in un’ambulanza per il servizio di trasporto sanitario, negli empori, market solidali, per preparare la spesa per le famiglie in difficoltà, a suonare il campanello di un’abitazione per consegnare buoni spesa. Molti di loro si sono avvicinati al digitale – ha continuato- altri hanno approfondito le loro conoscenze, creando gruppi di condivisione, scambi di immagini, video, saluti, promesse.”
Il mondo Digitale
Quest’ultimo fenomeno descritto, ovvero l’avvicinamento al mondo digitale, rappresenta la prevedibile conseguenza dell’opportunità di ridurre al minimo i contatti fisici. È agevolmente comprensibile che le piattaforme online hanno svolto e continuano a svolgere un ruolo fondamentale nel fornire nuovi spazi, seppur virtuali, in cui è rimasto possibile, con tutti i limiti del caso, mantenere i contatti umani.
Anche il volontariato, così come è accaduto in molti altri ambiti, si è appropriato di un posto diverso, in cui potere esprimere le proprie potenzialità tramite metodi rivoluzionari rispetto al passato.
La Direttrice Dal Molin si è pronunciata ulteriormente a tal proposito: “Un tempo era improponibile la formazione on-line ai volontari: ora, però, sta diventando uno strumento valido, così come le piattaforme di e-learning che assolutamente faticavano a svilupparsi nel Volontariato e che oggi rappresentano un mezzo efficiente che spero rimanga di utilizzo comune. Certo: non c’è il piacere che può dare un’aula, la presenza, la possibilità di conoscere persone nuove.
Confido che in futuro alcune cose si possano continuare a svolgere sulle piattaforme digitali: non tutto, ma ciò che può contribuire a migliorare la qualità della nostra vita, che potrebbe permetterci di utilizzare al meglio il tempo del lavoro, dello svago e dell’impegno personale”.
Pandemia = più solidarietà
Anche il Report a cura dell’Osservatorio della Caritas di Firenze ha messo in luce come il timore del contagio non abbia fermato la solidarietà, ma, anzi, abbia fatto registrare un aumento di persone che hanno scelto di dedicarsi ai più fragili.
Il questionario realizzato dall’Osservatorio Caritas, inoltre, ha dimostrato “come tra i più giovani emerga una quota significativa di volontari che, proprio in una logica di sostituzione generazionale, ha intensificato il proprio impegno per compensare quella parte di senior costretti a rimanere a casa”.
Si può parlare, quasi, di una solidarietà nella solidarietà.
Riccardo Bonechi, direttore Caritas diocesana, ha sottolineato come la criticità della situazione sia stata poi trasformata in ricchezza, “in una staffetta generazionale della solidarietà, che ha visto affacciarsi molti nuovi giovani volontari”. Ed ha concluso: “Adesso è importante trovare il modo per valorizzare entrambe le componenti del volontariato: unire tradizioni e nuove idee, competenze e conoscenze del passato con intuizioni del futuro, affinché tutti possano sentirsi partecipi di un percorso condiviso e costruire insieme risposte concrete per il nostro territorio”.